Essere amici di Dio vuol dire essere realmente noi stessi

Essere amici di Dio vuol dire essere realmente noi stessi

Il significato della proposta d’amore di Gesù

«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici».
(Dalla liturgia).

Oggi la Chiesa festeggia San Mattia, l’apostolo che ha preso il posto di Giuda dopo il tradimento e il suicidio.

Del vangelo di oggi consideriamo questa frase: «voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando». Non è un concetto di amicizia molto simpatico: sei mio amico se fai quello che dico io!

Certamente il nostro rapporto con Dio non è un rapporto tra eguali. Ma Dio ci vuole bene davvero, e ci vuole bene come a persone intelligenti, non come a degli stupidi. Infatti dice che non ci chiama più servi, ma amici.

Il servo riceve l’ordine del padrone senza una spiegazione: «fai questo; non fare quello». Cristo invece ci chiama amici perché a noi ha detto tutto: ci ha fatto conoscere tutto ciò che di Dio è possibile conoscere su questa terra alla nostra natura umana.

Dio ci ha dato una legge per il nostro bene. I comandi del Signore infatti non sono un peso inutile, un ulteriore gravame in una vita spesso già pesante di suo. Se il Signore ci comanda qualcosa lo fa perché noi possiamo vivere meglio: nella vita eterna ma anche in questa vita.

La legge di Dio, anche quando ci chiede sacrifici o rinunce, è fatta su misura per noi, perché noi possiamo vivere pienamente la nostra vita. Per questo Gesù ci chiede di rispettare la sua legge, anzi, ci dice che entriamo nella sua amicizia solo quando la osserviamo. Ed essere amici con Dio, per noi che siamo stati creati a sua immagine e somiglianza, significa essere veramente noi stessi. E quando ci allontaniamo da Dio con il peccato noi ci allontaniamo anche da noi stessi. E ci allontaniamo dalla possibilità di essere davvero felici.

Gesù che torna al Padre ci indica che il nostro obiettivo non è qui

Gesù che torna al Padre ci indica che il nostro obiettivo non è qui

La gioia perfetta è un traguardo che raggiungeremo

«Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre».
(Dalla liturgia).

«Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena». Il Signore accoglie le nostre richieste se queste portano alla pienezza della gioia.

Spesso però non capiamo perché il Signore non ci concede quello che gli chiediamo, che tante volte sono cose obiettivamente giuste e gravi. È un mistero, qualcosa che non possiamo comprendere fino in fondo.

Dobbiamo però sempre ricordare che l’orizzonte di Dio non sono i giorni che trascorriamo su questa terra, ma la vita eterna. Ed è in questa prospettiva che dobbiamo ricordare che, come diceva il Manzoni, il Signore non permette mai che sia turbata la gioia dei suoi figli se non per darne loro una più certa e più grande.

Non lasciamoci scoraggiare dalle piccole o tante cose che non vanno. In questa nostra esistenza terrena è inevitabile.

Nei momenti più difficili ricordiamo sempre che l’amore del Signore non ci abbandona mai, e che siamo attesi a prendere parte alla felicità che non ha fine.

Lo Spirito Santo è Verità a cui nulla va tolto né modificato

Lo Spirito Santo è Verità a cui nulla va tolto né modificato

Gesù ci indica la pienezza del Dio Uno e Trino

«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future
».
(Dalla liturgia).

«Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità». Lo Spirito Santo ci guida alla verità, e specifica Gesù: «a tutta la verità».

La verità non può essere parziale, cioè dalla verità che Dio ci ha rivelato non si può togliere o modificare nulla, pena il perdere tutto.

Le eresie, che hanno turbato la vita della Chiesa sin dai primi tempi della sua esistenza fino ai nostri giorni, hanno questo di specifico: togliere o modificare qualche aspetto, anche apparentemente minuscolo o insignificante, di ciò che la rivelazione ci ha trasmesso.

L’insegnamento di Gesù è efficace, rende migliore la nostra vita e ci giova per la vita eterna, se lo accogliamo così com’è, senza aggiungere, togliere o modificare nulla. Altrimenti è qualcosa di inutile, quando non dannoso.

Un Cristianesimo «annacquato» è debole

Un Cristianesimo «annacquato» è debole

La nostra non è una fede faticosa, ma implica comunque degli sforzi

«Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia».
(Dalla liturgia).

«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me». Il cristiano non deve cercare di rendersi antipatico a tutti i costi, non avrebbe senso. Deve però insospettirsi quando il mondo parla troppo bene di lui.

Spesso il mondo parla bene del cristianesimo quando questo viene annacquato, quando all’annuncio cristiano viene tolto qualche aspetto particolarmente spigoloso, oppure viene aggiunto qualcosa per renderlo accettabile al modo normale di ragionare.

Rendere la fede cristiana più gradita ad una data epoca, ad una certa temperie culturale può suscitare qualche iniziale entusiasmo, ma è cosa destinata a durare poco. Ben presto questo annuncio depotenziato mostrerà i suoi limiti, e verrà dimenticato, facendo la fine del sale senza sapore, che viene gettato via e calpestato dagli uomini.

Ed è forse quello che sta capitando ai nostri giorni.

Entra in carica il nuovo Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici

Entra in carica il nuovo Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici

L’organismo parrocchiale nelle piene funzioni

Il Vicario Generale Don Bruno Scarpino, ha firmato il decreto che ufficializza nelle sue funzioni il nuovo Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici della Parrocchia dei Santi Nazario e Celso a Mendatica.

Il Vescovo ha accolto l’elenco dei membri proposto dal nostro Amministratore Parrocchiale Don Luciano.

Ecco i nomi dei componenti, in ordine alfabetico per cognome:

Nadia Bottero

Angelo Ferrari

Roberto Grasso

Simona Pelassa

Ornella Porro

Il CPAE è un organo consultivo a cui l’Amministratore Parrocchiale si rivolge per avere supporto nello svolgimento delle questioni economiche relative alla vita parrocchiale, e soggiace ovviamente alle esigenze pastorali, che a norma dei regolamenti centrali hanno la preminenza assoluta.

Le nomine ufficiali sono state consegnate durante la Santa Messa del 28 aprile.

La comunità parrocchiale di Mendatica si stringe attorno ai consiglieri e formula i più sinceri auguri affinché possano svolgere l’incarico con tutta la competenza di cui dispongono a beneficio di tutti.

Via, Verità e Vita: percorso e obiettivo

Via, Verità e Vita: percorso e obiettivo

Gesù, uomo e Dio, è l’unico mediatore

«Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».
(Dalla liturgia).

«Io sono la via, la verità e la vita». Se dovessimo chiedere a più persone quale di queste tre affermazioni di Gesù sia la più importante, probabilmente quasi nessuno direbbe la via.

Si può pensare anzitutto alla vita, oppure alla verità. Ma nel contesto della frase l’affermazione più importante sembra proprio essere: «Io sono la via».

Perché questo? Perché solo attraverso Gesù possiamo giungere alla pace e alla gioia perfetta, piena ed eterna del paradiso («nessuno viene al Padre se non per mezzo di me»).

Ma non è tutto qui: è solo attraverso Gesù che noi possiamo vivere già su questa terra una vita piena di significato e comprendere il senso della nostra vita, e fare una esperienza, anche se parziale e limitata, della pace e della gioia che solo il Signore ci può dare.

Nasce la Commissione Parrocchiale per l’Arte Sacra

Nasce la Commissione Parrocchiale per la Cultura

Nominati da Don Luciano i componenti: i nomi

Domenica 14 aprile Don Luciano ha annunciato i membri della nuova commissione istituita nella nostra Parrocchia, che si occuperà di cultura in ambito di Arte Sacra e della conservazione dei beni artistici e culturali in dotazione alla comunità parrocchiale.

Don Luciano, che presta la sua opera presso l’Ufficio dei Beni Culturali della Diocesi di Albenga-Imperia, ha istituito questo organismo anche per tenere vive le antiche tradizioni di Mendatica, nonché per proteggere e divulgare il patrimonio di beni e ricordi che abbiamo ricevuto attraverso i secoli.

I membri della Commissione, annunciati al termine della Santa Messa di domenica scorsa, in ordine alfabetico per cognome, sono:

Celestino Lanteri, Emidia Lantrua e Paolo Ramella.

Si tratta della prima commissione di nuova nomina a cui, a detta del parroco, seguiranno altre.

Ai componenti vanno la preghiera, i complimenti e i ringraziamenti anticipati per il lavoro che svolgeranno, da parte di tutta la nostra comunità.

Mendatica, e in particolare la Parrocchia dei Santi Nazario e Celso, possiede un immenso patrimonio culturale, a partire e soprattutto nella sua storia e nella forte dedizione che chi ci ha preceduto ha voluto tramandare, anche con grande sacrificio e esperienza.

I membri della Commissione hanno tutti i requisiti per poter provvedere alla divulgazione, ma anche alla riscoperta dei valori che hanno caratterizzato il paese, il quale costituisce un antico insediamento che ha fortemente delineato l’attaccamento al territorio e alle inclinazioni cristiane della zona.

Storia, vicende, simboli, usi, costumi, devozioni, si accompagnano ai segni tangibili e materiali che la commissione saprà conservare, rinverdire e divulgare nei loro significati.

È in corso fra l’altro un censimento e verifica dei beni parrocchiali, anche quelli siti nelle Cappelle di competenza.

Buon lavoro e grazie, quindi, a Celestino, Emidia e Paolo, che con il loro impegno svolgeranno un compito fondamentale nella pastorale e nella crescit e formazione personale di ognuno di noi.

Il pane della vita nutre anima e corpo

Il pane della vita nutre anima e corpo

Eucarestia e Parola: il nutrimento per la vita eterna

«In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
(Dalla liturgia).

«Io sono il pane della vita». Cosa significa questa espressione di Gesù? Per capirlo basta porre mente a che cosa è il pane: un nutrimento, che da sostanza, che permette la vita, che da energia. Gesù ci nutre di Sé.

C’è un riferimento chiaro all’Eucaristia, ma non è solo questo. Gesù ci nutre, ci da sostanza ed energia. Con la sua parola, con il suo insegnamento, con il suo amore.

Ricambiando l’amore di Dio noi ci nutriamo di Lui, e riceviamo la sostanza per vivere. Ricambiare l’amore di Dio significa obbedire alla sua parola («chi mi ama osserva i miei comandamenti»).

Cercare di osservare i comandamenti di Dio è condizione necessaria per ricevere il nutrimento spirituale che il Signore vuole darci. E vuole darcelo perché noi possiamo vivere in pienezza, e non limitarci a sopravvivere.

Vita e fede si uniscono con la coerenza

Vita e fede si uniscono con la coerenza

«Non chi dice Signore, Signore …»

«E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie».
(Dalla liturgia)

Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui. Per salvarci occorre credere in Lui.

Credere, lo sappiamo, non significa solo ritenere che alcune cose (ciò che diciamo nel Credo) siano vere. Questo sì, certamente è necessario. Ma non basta. Dobbiamo cercare di compiere ciò che il Signore ci comanda.

Conoscenza e azione sono legate tra loro. Dio ci manda la luce per farci capire ciò che è bene, per farci capire che Dio ci ama e ci è vicino, ma chi opera il male questa luce non la vuole, proprio perché mostra la malvagità della propria vita.

Non possiamo illuderci di credere in Dio e vivere nel male, lontani dalla sua grazia, in una condizione abituale di peccato mortale. In questo modo finiamo per rifiutare la luce di Dio. E la rifiutiamo proprio perché mette in mostra la malvagità del nostro agire.

Chiediamo al Signore di aiutarci a vivere come piace a Lui. Dio non ha mandato il suo Figlio per condannarci ma per salvarci. Chiediamogli di aiutarci ad accogliere la sua luce nella nostra vita.

I manoscritti di Qumran: cosa sono e perché sono importanti

I manoscritti di Qumran: cosa sono e perché sono importanti

Ritrovati nel 1947, risalgono al periodo dal II sec. a.C al 70 d.C.

Il nome di Qumran e spesso ripetuto nella cronaca in ambito di paleografia e studio dell’antichità, specialmente in ambito storico-religioso.

Vediamo però di cosa si parla con esattezza.

Nel 1947 e fino al 1956, nel Wadi-Qumran, furono ritrovati in 11 differenti grotte circa ben 900 documenti che riguardano prevalentemente la Bibbia ebraica.

Il luogo, che si trova sulla riva nord-occidentale del Mar Morto, in Cisgiordania, nelle adiacenze dell’antico insediamento di Khirbet Qumran, deve il suo nome anche alle condizioni ambientali. «Wadi» nelle lingue arabe indica una valle in cui scorreva un antico corso di fiume, che allo stato attuale risulta secco e potrebbe rinvigorirsi solo con abbondanti piogge.

È dunque un territorio desertico e arido, in cui le piogge fanno apparizione solo a lunghissimi intervalli di anni.

Circa 2000 anni fa, la zona era climaticamente meno ostile e fu sede di comunità di esseni, gruppo semita che viveva in modalità monacale. Erano assidui studiosi delle Sacre Scritture.

I manoscritti possono essere classificati in tre grandi categorie:

  • Manoscritti biblici (copie dei libri della Bibbia ebraica): circa il 40%.
  • Manoscritti pseudo-epigrafici o apocrifi: circa il 30%.
  • Manoscritti «settari»: circa il 30%.

I documenti pseudo-epigrafici o classificati come apocrifi, sono quelli che non sono stati introdotti nel canone ebraico, ma alcuni di essi accettati dalla Bibbia dei Settanta o utilizzati dalla tradizione rabbinica (per esempio: Libro del Siracide, Libro di Enoch, Libro dei Giubilei, Libro di Tobia,, salmi esclusi dal canone)

Per «settari» si intendono invece gli scritti relativi a quelle credenze e regole praticate da gruppi minoritari della antica comunità ebraica, come erano gli esseni stessi.

L’importanza di questi documenti è enorme soprattutto perché consentono una maggiore precisione nell’ambito della critica testuale. Se si pensa infatti che i documenti più antichi sui quali si basava la ricerca sulla Bibbia in ebraico erano quelli masoretici, e in particolare il Codice di Leningrado del X secolo, e quelli in greco sono tuttora il Codice Vaticano e il Codice Sinaitico risalenti al IV secolo, si ha la misura di quanto possono essere utili.

I frammenti ritrovati riguardano quasi tutti i libri compresi nel codice masoretico, e contribuiscono quindi a dare una visione di insieme fondamentale.

In alcuni manoscritti si trovano alcuni principi morali e etici che sono stati ripresi dalle lettere paoline e che quindi si armonizzano con la mentalità dell’epoca.

Attraverso differenti sistemi di datazione, tra cui quello paleografico e in alcuni casi anche con radiocarbonio e spettrometria di massa, si è determinata l’epoca di composizione tra il 250 a.C. e il 68/70 d.C., quest’ultima fu la data della distruzione del secondo Tempio di Gerusalemme da parte dei Romani. I periodi paleografici coperti sono dunque l’Arcaico, l’Asmoneo e l’Erodiano.

I documenti, che di fatto si propongono come una ricca miniera di informazioni, sono ancora oggetto di studio e del vaglio degli esperti.