Vangelo di Marco: la guarigione del paralitico di Cafarnao

Vangelo di Marco: la guarigione del paralitico di Cafarnao

Il miracolo, lo scandalo dei farisei e la tradizione rituale ebraica

La guarigione di Cafarnao è uno degli eventi riportati da tutti e tre i Vangeli sinottici, e precisamente in Mc2,1-12; Lc5,17-26; Mt9,1-8.

Questo testimonia l’importanza attribuita dagli evangelisti sinottici a questo fatto, che nella sostanza è rivelatore di molti aspetti della missione terrena di Gesù.

Come sappiamo, ognuno degli evangelisti ha selezionato fatti, eventi e circostanze da trattare in modo più approfondito. E ciò per evidenziare ognuno a suo modo determinati aspetti della Rivelazione.

La guarigione di Cafarnao determina inoltre uno degli scontri più aspri con i farisei. Gesù infatti, osservando la fede del paralitico e degli uomini che lo calavano dall’alto scoperchiando il tetto della casa in cui Gesù si trovava, prima ancora di guarire l’infermo gli rimette i peccati.

Occorre considerare quindi il contesto ebraico del tempo. Per gli ebrei, la remissione dei peccati, quando ancora esisteva il tempio, avveniva durante lo yom kippur (יום כפור), il giorno dell’espiazione. Il Sommo Sacerdote si recava al tempio in pomposa processione, dopo essersi purificato. Veniva trasportato su una portantina, in modo che non avesse contatto minimamente con ciò che possa essere impuro. Più tardi, e precisamente durante il capodanno ebraico, il Rosh Hashanah (ראש השנה), Dio apriva i “libri della vita” e, Lui solo, poteva rimettere i peccati. Nel frattempo i fedeli avevano 10 giorni di tempo per redimere le questioni di conflitto con i fratelli.

Si trattava del momento rituale più alto del calendario ebraico. Oggi, in assenza del tempio, gli ebrei non possono svolgere questo rito e ritengono di non poter avere la certezza del perdono di Dio.

La frase di Gesù sulla remissione dei peccati, suscitò quindi uno scandalo enorme, in quanto era come se il Salvatore annunciasse pubblicamente di essere Dio («Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?» (Mc2,7). A tutte queste considerazioni possiamo anche aggiungere che il miracolo avvenne di sabato.

Gesù, vedendo nel cuore dei farisei, li ammonisce sfidandoli: «Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino – disse al paralitico – alzati, prendi il tuo lettuccio e va a casa tua» (Marco 2,8-11).

È interessante notare come Marco e Luca si soffermino sullo scoperchiamento del tetto, mentre Matteo sorvoli su questo particolare.

Il Vangelo di Matteo è detto “Ecclesiale” e sottolinea invece la meraviglia del passaggio del potere della remissione agli uomini, attraverso Gesù-Uomo. Nella volontà di specificare l’apertura della casa dall’alto, Marco e Luca testimoniano la fatica dell’approccio dell’uomo con Dio.

Gesù indica in questo modo ciò di cui più abbiamo bisogno, che è il perdono dai nostri peccati: una necessità più urgente di quella del medico. Per questo Gesù si pone come Dio e anche come medico.

Di fondamentale importanza l’utilizzo dei termini. Nel Vangelo di Marco, Gesù si rivolge così al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati» (Mc2,5).

Il termine “figlio” aveva ed ha ancora per gli ebrei un significato e una valenza forte. Significa avere qualcosa a propria immagine e somiglianza. Anche Matteo usa questo termine. Luca invece usa il sostantivo “uomo” perché parla in termini di un universialità di una Chiesa che si apre anche ai gentili. Sottolineando inoltre la vicinanza al modo in cui Gesù ama definirsi nella sua funzione messianica: “Figlio dell’uomo”.

Comunione spirituale, opportunità e dono

Comunione spirituale, opportunità e dono

Gesù è dono gratuito per tutti

La pratica della Comunione spirituale non è diffusa né praticata quanto si dovrebbe.

Porta con sé numerosi significati e la possibilità di acquisire una vera comunione con Dio, attraverso il desiderio di riceverlo materialmente.

Chi non può per vari motivi avvicinarsi all’Eucarestia, se davvero desidererebbe accogliere in sé il Salvatore, può accostarsi infatti alla Comunione spirituale.

Il Magistero ha predisposto delle preghiere apposite per usufruire di questo dono gratuito del Signore, che possiamo trovare sul sito del Vaticano, cliccando QUI.

Si tratta dell’adempimento di una delle promesse di Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).

Con l’anima predisposta ad accogliere Dio, chiunque può soddisfare il desiderio di riceverlo.

Fa osservare Don Paolo Ciccotti sul suo blog: “Gli effetti che essa produce nell’anima sono gli stessi della Comunione sacramentale a seconda delle disposizioni con cui la si fa, della maggiore o minore carica di devozione sincera con cui si desidera Gesù, dell’amore con cui lo si riceve Gesù e ci si intrattiene con Lui. Certamente non può portare frutto se l’anima non è in grazia di Dio“.

Ulteriori incarichi diocesani per il nostro Parroco

Ulteriori incarichi diocesani per il nostro Parroco

Don Enrico Giovannini nominato da S.E. Mons. Borghetti, Responsabile Turismo, Sport e Tempo libero

Dopo essere stato nominato Vicario per la Valle Arroscia, il nostro Parroco Don Enrico Giovannini ha ricevuto nuovi incarichi di grande responsabilità in Diocesi.

Don Enrico, già Parroco a Mendatica, Cosio, Montegrosso e Rezzo, sarà il nuovo direttore dell’Ufficio Pastorale del Turismo, sport e tempo libero.

Ecco l’elenco dei nominati e dei confermati da S.E. Mons. Vescovo Guglielmo Borghetti:

In data 29 settembre 2021 Sua Eccellenza Mons. Guglielmo Borghetti ha nominato:

  • Vicario generale della Diocesi, il Reverendo canonico Bruno Scarpino;
  • Vicario giudiziale, il Reverendo canonico Tiziano Gubetta;
  • Cancelliere vescovile, il Reverendo canonico Pablo Gabriel Aloy,
  • Vice cancelliere, il Reverendo canonico Tiziano Gubetta;
  • Presidente dell’Istituto Diocesano Sostentamento Clero il Reverendo canonico Giancarlo Cuneo;
  • Direttore dell’Ufficio per la Pastorale Liturgica il Reverendo sacerdote Antonio Cozzi, vice direttore il Reverendo sacerdote Stefano Caprile;
  • Direttore della Caritas Diocesana la signora Antonella Bellissimo, vice direttore il Reverendo sacerdote Alessio Roggero;
  • Direttore dell’Ufficio Pastorale della Salute il Reverendo sacerdote Claudio Chiozzi, vice-direttore il Reverendo sacerdote Carmelo Galeone;
  • Direttore dell’Ufficio Pellegrinaggi il Reverendo monsignore Giovanni Battista Gandolfo, vice direttore il Reverendo sacerdote Stefano Mautone;
  • Direttore dell’Ufficio Pastorale del Turismo, sport e tempo libero il Reverendo sacerdote Enrico Giovannini;
  • Direttore dell’Ufficio Pastorale Scolastica il Reverendo sacerdote Luca Gabriel, vice direttore la dottoressa Sofia Martino;
  • Direttore dell’Ufficio Pastorale della Famiglia il Reverendo sacerdote Fabrizio Contini;
  • Direttore dell’Ufficio Pastorale sociale, del lavoro, giustizia, pace e salvaguardia del creato il Reverendo sacerdote Renato Elena, vice direttore il dott. Marco Rovere;
  • Direttore dell’Ufficio per l’Ecumenismo ed il Dialogo interreligioso il Reverendo canonico Gabriele Corini;
  • Direttore dell’Ufficio per la Catechesi il Reverendo sacerdote Fabio Bonifazio, Vice – Direttore il Reverendo sacerdote don Federico Basso;
  • Direttore dell’Ufficio Migrantes il Reverendo Canonico Edmondo Bianco, vice direttore il Reverendo sacerdote Antonello Dani;
  • Direttore dell’Ufficio per la Pastorale delle Comunicazioni Sociali il Reverendo Canonico Pablo Gabriel Aloy, Vice-direttore il Reverendo sacerdote Alessio Roggero;
  • Direttore dell’Ufficio pastorale della cultura il Reverendo Canonico Ettore Barbieri;
  • Direttore dell’Ufficio per la Pastorale giovanile e vocazionale, il Reverendo Sacerdote Matteo Boschetti, vice direttore il Reverendo canonico Gatti Enrico;
  • Direttore dell’Ufficio Cooperazione Missionaria tra le chiese Reverendo Sacerdote don Stefano Caironi;
  • Responsabile diocesano della consultazione sinodale il Reverendo canonico Pierfrancesco Corsi;
  • Vice direttore del museo diocesano il Reverendo sacerdote Emanuele Carlo Caccia;

Vengono altresì confermati:

  • il Reverendo canonico Bruno Scarpino, Delegato per il Diaconato permanente;
  • il Reverendo sacerdote don Francesco Zuccon, Delegato per la Vita Consacrata;
  • il Reverendo canonico Giancarlo Aprosio, Delegato per le Confraternite;
  • il Reverendo canonico Pierfrancesco Corsi, Delegato per le aggregazioni laicali.

Tutti inizieranno il loro servizio il giorno 4 ottobre p.v.

28 settembre: 1786 anni fa l’abdicazione di Papa Ponziano

28 settembre: 1786 anni fa l'abdicazione di Papa Ponziano

Fu il secondo a dimettersi, dopo Clemente I nel 97 d.C.

Se le dimissioni di Papa Benedetto XVI hanno fatto scalpore, occorre sapere che, seppur si tratti di un evento molto raro, l’abbandono della Cattedra di Pietro è ricorsa diverse volte nel corso della storia. Se ne contano ben otto.

Clemente I

Il primo a dimettersi fu Papa Clemente I, 4° Vescovo di Roma, Santo e Padre della Chiesa, il quale rinunciò nel 97 d.C. dopo essere stato condannato all’esilio. Il suo posto fu preso da Evaristo I.

Gli eventi si deducono dalla cronologia storica, sebbene non esistano documenti che comprovino le dimissioni.

Gli annali sanciscono però che Clemente (detto Romano, per distinguerlo da Clemente Alessandrino che visse a cavallo tra il II e il III secolo e anch’egli Padre della Chiesa), lasciò la guida della Chiesa nel 97, mentre la sua morte per martirio avvenne nell’anno 99.

Ponziano

La prima abdicazione certamente documentata è però quella di Papa Ponziano, 18° Vescovo di Roma e Santo, il quale divenne Papa il 21 luglio 230 e si dimise il 28 settembre 235. Ponziano fu condannato “ad metalia” (lavori forzati) da Massimino il Trace, e lasciò il soglio papale a Papa Antero.

Silverio

Per avere le terze dimissioni occorre attendere fino all’11 marzo 537, giorno in cui Papa Silverio, martire e Santo, fu costretto a rimettere l’incarico a causa di una tresca ordita dall’imperatrice Teodora. Al suo posto divenne papa Vigilio.

Benedetto IX e Gregorio VI

Più complicata la vicenda legata a Benedetto IX, ovvero Teofilatto dei conti di Tuscolo. Siamo nel 1045 e regna un Papa di giovanissima età, per alcuni di 12, per altri di 18, e per altri ancora di 25 anni: proprio Benedetto IX. Nei primi mesi dell’anno viene cacciato da Roma e sostituito da Silvestro III. Il 10 aprile Benedetto tornò a Roma e riprese il papato grazie all’appoggio della sua famiglia e dei Crescenzi. Pochi giorni dopo Benedetto rassegnò le dimissioni, ma in realtà vendette il papato per 2.000 librae al futuro Giovanni dei Graziani, detto Graziano, che salì al soglio pontificio col nome di Gregorio VI.

Lo stesso Gregorio VI dopo circa un anno venne costretto alle dimissioni perché si scoprì la simonia.

Celestino V

E veniamo quindi al 13 dicembre 1294, giorno in cui furono rese le dimissioni papali più note della storia, ovvero quelle di Celestino V. Pietro da Morrone, monaco e Santo, poco esperto di strategie politiche lasciò la Cattedra di Pietro per ritirarsi nuovamente in convento. Il suo “rifiuto” fu cantato da Dante nella Divina Commedia, e comportò l’ascesa a Papa di Benedetto Caetani, il Bonifacio VIII a cui il sommo poeta riservòi. un posto all’inferno quando il Papa era ancora in vita.

Gregorio XII

L’ultima vicenda, prima di quella che ha visto protagonista Joseph Ratzinger, risale al 4 luglio 1415, quando ci furono le dimissioni di Gregorio XII che ratificarono la fine dello scisma Avignonese. Una curiosità: fu l’ultimo Papa ad essere sepolto fuori Roma, e precisamente a Recanati.

È giusto precisare che le dimissioni di un Papa sono ammesse ai sensi del canone 332 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

Conosciamo i profeti: Osea

Conosciamo i profeti: Osea

L’infedeltà umana per comprendere la fedeltà di Dio.

Il nome del profeta Osea (הושֵעַ בֶּן-בְּאֵרִי) significa “Dio salva”. Visse nel secolo VIII a.C. e iniziò a predicare prima del 743 a.C. per terminare la sua missione attorno al 721 a.C., come possiamo dedurre dal suo libro, che descrive la caduta di Jehu e la presa di Samaria, come dati limite.

Proveniva dal Regno del Nord, che a quei tempi vedeva sul trono Roboabamo II, mentre al Sud regnava Otsia.

Il tema saliente del suo messaggio è la fedeltà, e ne prende spunto dalla narrazione delle proprie vicende familiari.

Osea sposò infatti una donna infedele, Gomer, che non si ritiene sia stata una prostituta, ma che tradì più volte il marito. La coppia aveva tre figli, a cui Osea diede nomi che rispondevano alle condizioni di Israele a quel tempo: Israel (Dio semina), Ruhamà (non amata), Lohammì (non popolo mio).

Le condizioni del paese versavano infatti in uno stato di benessere diffuso, ma erano evidenti l’oppressione sui deboli, una grande sperequazione sociale e l’ipocrisia istituzionale, praticata anche dalla classe sacerdotale. Il culto era prevalentemente esteriore e svuotato di significato.

Il libro di Osea fu salvato dalla distruzione di Samaria da parte degli Assiri, e venne conservato a Gerusalemme. A noi è giunto comprensivo di aggiunte che furono apposte nei secoli.

Si divide sostanzialmente in tre parti per un totale di 14 capitoli. La prima parte riporta la vita matrimoniale di Osea (cap. da 1 a 3), la seconda il messaggio che intende trasmettere (cap. da 4 a 11), e infine lo sviluppo dei temi.

Il messaggio consiste in brevi oracoli sulla condotta di Re e sacerdoti. Insiste sul verbo šub (ritornare), inteso come ritorno a Dio. Non dobbiamo dimenticare che le successive disgrazie di Israele, equiparate sempre alla colpa e al peccato, comprendevano anche la scelta politica dei governanti di affidarsi alle nazioni straniere, piuttosto che riporre la fiducia in Dio.

I temi ricorrenti sono quello del deserto, delle liti e della liturgia. Sono diffusi anche gli hapax legomena, ovvero espressioni che in ambito delle scritture si trovano esclusivamente in questo testo.

L’infedeltà di Gomer va quindi letta come quella del popolo. Israele, pur amata da Dio, non esita a tradirlo più volte, rivolgendosi anche a idoli e divinità straniere. Da rimarcare che l’antico popolo ebraico, prima di abbracciare il monoteismo, passò dalla monolatrìa (un solo Dio, ammettendo che ce ne siano altri) e dall’enoteismo (culto di un Dio che primeggia su altri).

Allo stesso modo il perdono concesso pazientemente da Osea riporta alla fedeltà di Dio. L’amore non emerge quindi nella sua accezione fisica, ma a livello di forza trasformante. Dio non risponde ai canoni umani: è paziente non per debolezza, ma per affermazione di libertà. Ecco quindi emergere il peccato di sfiducia di Israele, con il re Acaz che si allea con gli Egizi. Acaz viene sconfitto e c’è la caduta del Regno del Nord.

Successivamente anche la Giudea (Regno del Sud) darà prova di scarsa fiducia in Dio. Gli Egizi cercheranno l’alleanza di Ezechia e si avrà una nuova sconfitta. Gerusalemme sarà posta sotto assedio e si salverà solo per un’epidemia che si diffuse tra gli Assiri.

Il primo capitolo del libro di Osea è scritto in terza persona, e gli studiosi ritengono sia frutto dei discepoli. Il terzo capitolo sarebbe invece opera del profeta.

Conosciamo i profeti: Amos, il ruggito di Dio

Conosciamo i profeti: Amos, il ruggito di Dio

Il suo nome, Amosyah, significa “Dio solleva”.

In uno degli articoli precedenti abbiamo trattato della figura dei profeti biblici in generale. Cerchiamo ora di approfondire insieme le biografie e i messaggi teologici che essi hanno lasciato.

Teniamo conto del fatto che i profeti della Bibbia non sono da considerare indovini o veggenti. Una bella definizione la troviamo in Dt 18,18: “Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò“. Il profeta quindi, in ambito biblico differisce dalle accezioni comuni: è colui che ascolta la voce di Dio leggendo il passato e interpretando il presente. Il suo scopo è quello di riportare il popolo alla Parola di Dio, affinché non si verifichino conseguenze tragiche.

Amos nacque a Tekoa (Tequ), un villaggio situato tra Gerusalemme e Betlemme. Era un pastore che praticava anche l’arte di incisore di sicomori, e questa sua seconda attività spiega la sua propensione per il nord. È uno dei “profeti minori”, definiti tali non per minore importanza teologica, ma perché di loro abbiamo un numero inferiore di scritti.

Iniziò a profetare presumibilmente nel 760 a.C. circa. Descrive infatti il terremoto che formò la Valle di Ebron, avvenuto proprio in quell’anno.

Di lui sappiamo seppure in modo approssimato, l’anno di morte, che avvenne nel 745 a.C. circa. Si desume quindi che le sue profezie furono pronunciate in un momento in cui al nord regnava Geroboamo II, e al sud Otsia.

Era un periodo di benessere diffuso, anche se si poteva notare un’enorme sperequazione tra i ceti, tale da essere equiparata dal profeta all’idolatria.

Il culto risentiva di atteggiamenti ipocriti, con una religiosità soprattutto esteriore. Erano molti, inoltre, quelli che adoravano divinità straniere, come ad esempio Baàl (= il padrone).

Il messaggio di Amos suonava duro alle orecchie degli israeliti e dei giudei, e valse al profeta l’appellativo di “ruggito di Dio” (utilizzò questo verbo in relazione alla voce di Dio e del leone), e di “profeta di sventura. Tuttavia San Girolamo definì il suo stile inesperto per la presenza di impulsività e veemenza.

Si definiva “incaricato da Dio” e da questo traspare una delle caratteristiche del vero profeta, il quale non è mai auto-referenziale.

Il testo

Alcuni studiosi hanno ritenuto e altri ritengono il testo scritto interamente, o come Schökel in buona parte scritto direttamente da Amos. Tuttavia molti periodi sono incompatibili col periodo storico in cui visse il profeta.

È da rimarcare che nell’antichità la pseudo-epigrafia non era ritenuta un reato, ed era una pratica molto diffusa. Ciò fece sì che i testi antichi potessero essere integrati o approfonditi dai discepoli dell’autore.

Gli inni che si trovano ai capitoli 4, 5 e 9 sono stati certamente aggiunti dai discepoli a scopo liturgico.

Il genere letterario prevalente è quello oracolare. Troviamo però larghe tracce degli stili del paragone e della metafora che sono tipicamente sapienziali, e quindi successivi.

Non possiamo non notare l’utilizzo diffuso di tre verbi, ovvero Yadà, Šub e Daraš, ovvero conoscere, ritornare e cercare, che ci rimandano al messaggio teologico. Abbiamo inoltre un utilizzo notevole di hapax legòmina (termini utilizzati per la prima volta nelle Scritture), e di espressioni idiomatiche.

Amos si concentra sull’oppressione dei deboli, sulle scelte politiche e morali sbagliate dei re nonché sull’ipocrisia, la falsa moralità e il culto

esteriore del popolo. Riassume in queste accezioni la colpa di Israele.

Avverte che l’appartenenza al popolo di Dio non è più sufficiente per la salvezza, e occorre tornare (šub) a Dio attraverso la sua giustizia e misericordia (yadà). Il futuro va edificato sul “resto di Israele”, ovvero su coloro che hanno sempre continuato e continuano a cercare (daraš) Dio.

Il libro è strutturato in modo classico relativamente al profetismo biblico. Contiene infatti:

  1. Introduzione (cap. 1 e 2)
  2. Raccolta di oracoli contro le 7 (numero significativo) nazioni straniere, caratterizzata dalle formule “Così parla il Signore”, “Oracolo del Signore”;
  3. Raccolta di oracoli contro Israele se non si converte. La formula è: “Guai …”;
  4. Conclusione (9,11-15).

Suggestive le visioni di Amos, che il profeta vive senza cadere in estasi (oggi diremmo “trance”):

Cavallette, siccità, armi di minaccia, fine di Israele, crollo del tempio. Su queste disgrazie il profeta disse di aver potuto intervenire presso Dio affinché non avvenissero, ma che nulla aveva potuto fare per le restanti.

A completare il quadro profetico mancavano gli oracoli di salvezza, che furono aggiunti successivamente dai discepoli.

Circa 5 anni dopo la morte di Amos, scomparve Geroboamo II e gli Assiri premettero ai confini. Scoppiò la guerra Siro-Efraimitica tra gli invasori e gli Egizi, e nonostante i consigli di Isaia re Acaz si alleò con gli Egiziani e venne sconfitto. Il Regno del Nord cadde nel 722 a.C.

Successivamente la zona cadde in una crisi economica disastrosa. Re Ezechia, che governava il sud (Giudea), si alleò ancora con gli Egizi, rimediando un’altra sconfitta che portò all’assedio di Gerusalemme. Gli Assiri si ritirarono poi a causa di un’epidemia.

Il pellegrinaggio a Oropa della nostra Confraternita

Il pellegrinaggio a Oropa della nostra Confraternita

Foto gallery

La nostra Confraternita di Santa Caterina si è unita a molte altre confraternite provenienti da ogni parte d’Italia, al pellegrinaggio presso il Santuario della Madonna del Monte, conosciuta ai più come la Madonna di Oropa, o Madonna nera.

In occasione del V centenario dell’Incoronazione della Venerata Statua, i fedeli si sono dati appuntamento al Santuario per un ciclo di festeggiamenti. Si proceduto alla sostituzione della Corona, come avviene ormai tradizionalmente ogni cento anni, con una nuova Incoronazione. Quest’anno era prevista anche l’apposizione di un manto che è composto dalle stoffe offerte dai fedeli di tutto il mondo.

La Parrocchia dei Santi Nazario e Celso di Mendatica è stata rappresentata da una rappresentanza nutrita della nostra Confraternita di Santa Caterina, guidata dal Parroco Don Enrico Giovannini.

Pubblichiamo alcune tra le fotografie scattate per l’occasione.

V centenario dell’Incoronazione della Madonna di Oropa

Madonna di Oropa

Omaggio delle Confraternite

Il coordinamento delle Confraternite piemontesi ha reso noto il programma dell’omaggio delle Confraternite di Piemonte, Liguria e Lombardia, alla Regina del Monte di Oropa, nell’ambito del V centenario dell’Incoronazione della Madonna di Oropa.

Riguardo alla partecipazione delle Confraternite della Valle Arroscia, è stata sorteggiata la Confraternita della Santissima Annunziata di Montegrosso, che quindi parteciperà all’importante evento. La giornata sarà quella di sabato 4 settembre.

Il programma prevede:

Ore 14.30: Accoglienza sul piazzale antistante la Basilica Superiore, con registrazione delle Confraternite partecipanti.

Ore 15.30: Recita del Santo Rosario, presso la Basilica Superiore.

Ore 16.30: Santa Messa celebrata da S. E. Mons. Roberto Farinella, Vescovo di Biella.

Al termine della celebrazione le Confraternite si recheranno singolarmente ai piedi della Madonna di Oropa Incoronata, per un gesto di ringraziamento e di omaggio alla Vergine Bruna.

Ore 18.00: Conclusione.

Tutta la cerimonia sarà improntata sull’osservanza delle norme e disposizioni vigenti Anti Covid.

Si ricorda che secondo le medesime disposizioni non è necessario il green pass per entrare in Chiesa.

Il Profeta, il messaggero che ascolta

Il Profeta, il messaggero che ascolta

La vera funzione del Profeta

Nella convinzione più diffusa prevale l’idea che un profeta sia colui che è in grado di predire il futuro.

In realtà, nell’ambito religioso ebraico e cristiano, il termine si riferisce ad una persona, scelta da Dio, che ascolta la Parola del Padre.

In ebraico il verbo שְׁמַע‎ (shemà=ascoltare) è costitutivo dell’identità di Israele, e permette la relazione con Dio, la quale non si esaurisce con la domanda del fedele. Un esempio significativo nel Nuovo Testamento è San Francesco, il quale seppe ricondurre al Vangelo.

Ecco quindi che avviciniamo un nuovo verbo ebraico importante, ovvero שוב (shub=ritornare), da cui apprendiamo che il profeta è colui che riconduce a Dio.

La voce del profeta diviene più incisiva nei periodi bui del popolo di Dio, e si manifesta quando emergono tre tipologie di situazione, che corrispondono a altrettanti riduzionismi:

  1. L’ascolto si riduce ad un apparato rituale, per esempio quando la Liturgia diviene solo formalismo perdendo il suo significato vero (Farisei).
  2. Chi governa soffoca la vita umana riducendola ad un’ideologia (servilismo del potere).
  3. La voce di Dio è soffocata dal formalismo, perché alla dottrina deve seguire l’amore.

Occorre tenere presente tutte queste cose quando ci si riferisce ai “falsi profeti”. Queste figure sono in effetti coloro che tentano di sviare il progetto di Dio e cercano di allontanare il popolo dal Padre, anche attraverso distrazioni a favore della forma sminuendo la sostanza.

Il cattolico deve tendere a Dio attraverso l’insegnamento di Gesù che privilegiò il messaggio alla forma. Di quest’ultima va conservato solo quanto il Signore ha compiuto in gesti, opere e parole. Affidarsi al Magistero è l’unico modo che abbiamo per seguire correttamente il volere di Dio.