Sul cartiglio fu scritto che Gesù è Dio

Sul cartiglio fu scritto che Gesù è Dio

Il Vangelo Giovanni si sofferma su un particolare che dalle traduzioni risulta fondamentale

Perché in un momento tragico come quello della crocifissione Giovanni si sofferma su quanto fu scritto sul cartiglio? E perché i sacerdoti, non paghi di aver fatto condannare Gesù a Morte si recarono da Pilato per far modificare il cartiglio?

In effetti sul titulus crucis faceva bella mostra di sé il nome di Dio. Ovvero il tetragramma sacro, quella inscrizione che gli ebrei non osano pronunciare neppure oggi, e che ogni studioso di Ebraico Biblico non pronuncia per rispetto al credo ebraico: “יהוה” (YHWH).

Sappiamo che a quel tempo in Palestina si parlavano quattro idiomi: Ebraico (detto oggi Biblico), che era la lingua della religione e dei riti sacri; Latino, lingua dello stato e utilizzata per gli atti ufficiali; il Greco (detto oggi Neotestamentario), parlato dai grandi dotti; e infine l’Aramaico che era la lingua del popolo, derivata dall’esilio a Babilonia terminato circa 5 secoli prima e penetrato nella comunità ebraica.

Il cartiglio rivelatore

Il cartiglio, che era obbligatorio nel caso di esposizione pubblica delle condanne, veniva redatto nelle prime tre lingue. Abbiamo quindi la derivazione a noi più familiare che è quella latina : INRI, ovvero Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum. Ma quella ebraica offre spunti veramente interessanti.

Quando Dio si presentò a Mosè disse di essere “Colui che è” che traslitterato in ebraico è “Ehyeh asher ehyeh”. Nella traduzione greca diventa “ego eimi ho on”, “Io sono l’ESSERE”.

Nell’inviare Mosè agli israeliti Dio è ancora più specifico e ordina al profeta di riferire che è mandato da “Io sono” (YHWH). Da qui il nome di Dio.

Gli ebrei sono così attenti a non pronunciare questo nome che negli scritti i masoreti hanno inserito indicazioni vocaliche per renderlo impronunciabile. La più diffusa fu YeHoWaH, da cui i Testimoni di Geova hanno creduto fosse il vero nome.

Sul cartiglio la scritta ebraica che definiva la condanna fu: Gesù il Nazareno Re dei Giudei, che in ebraico figurava: “ישוע הנוצרי ומלך היהודים”. Leggendolo da destra a sinistra come si fa con le lingue semitiche abbiamo: “Yshu Hnotsri Wmlk Hyhudim” e quindi YHWH.

I sacerdoti, avvezzi a praticare l’ebraico rituale si accorsero immediatamente della significativa scritta e corsero da Pilato per farla modificare. Ma sappiamo che Pilato rispose: “Quod scripsi scripsi”, “Quel che ho scritto, ho scritto”.

Si compì quindi quanto Gesù disse nell’annunciare la propria morte in croce: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che IO SONO e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato.

Ecologia come conservazione del creato e coscienza del “non spreco”

Ecologia come conservazione del creato e coscienza del "non spreco"

La Terra ci è stata affidata.

I tempi moderni tendono a sintetizzare contenuti e concetti, e di conseguenza il rischio di relativizzare sale a dismisura. È un aspetto che già Benedetto XVI aveva evidenziato, e che Papa Francesco sta ribadendo.

Uno dei temi più pressanti, ma stranamente controversi, anche per l’interpretazione politica che viene attribuita e lo scarso approfondimento conseguente, è quello dell’ecologia.

Dovrebbe essere un argomento tale da interessare tutti molto da vicino e che non dovrebbe trovare forze contrarie, ma in realtà non è così.

Si vanno formando due schieramenti che sempre più assumono connotati politici, mentre la questione meriterebbe un’attenzione unanime e costruttiva. Le due parti si stanno radicalizzando, e se dal fronte ecologista si avvertono posizioni anche estremiste, dall’altro sta crescendo pericolosamente una frangia negazionista.

Occorre quindi riportare “la palla al centro” e ricominciare da un’analisi imparziale e obiettiva.

È quanto sta facendo Papa Francesco spostando l’attenzione su alcuni aspetti fondamentali i quali abbracciano i temi religiosi, come giustamente gli compete, ma anche altri ambiti che sono comunque propri del campo d’azione della Chiesa, come quello sociale e sociologico.

Il Santo Padre non esita a riaffermare i motivi per cui il Creato ci è stato consegnato. Essi si riconoscono nell’intendere il pianeta quale teatro in cui deve svolgersi il cammino dell’uomo verso il Regno di Dio. Ne emerge quindi la responsabilità religiosa, ma anche quella civile della trasmissione della Terra ai nostri figli. Il pianeta non è nostro: ci è stato affidato affinché lo custodissimo. Nella sua enciclica Laudato Sì Papa Francesco è molto esplicito.

In questa visione si legano gli aspetti spirituali e umani che sono come sempre imprescindibili.

Ma le ragioni non si fermano qui.

Esiste anche un campo educativo valido sia in senso civico, che etico e morale. Con la giusta attenzione alla conservazione dell’ambiente si evidenzia anche la cultura del “non spreco”. Questa è un’accezione molto delicata anche perché va a toccare interessi economici e teorie utilitaristiche che si riconducono al consumismo.

Abituarsi a non sprecare costituisce un aggancio importantissimo ad alcune abitudini che potrebbero essere modificate con beneficio dell’ambiente ma anche e soprattutto dell’individuo.

Dare importanza a ciò che si possiede e valorizzarne la valenza, non può che portare ad una presa di coscienza migliore e a una corretta crescita intellettuale. Si tratta di un invito a un’educazione che recupera il senso della rinuncia, temprando in modo naturale sia lo spirito che il corpo. Il senso dell’attesa ne uscirebbe fortificato. Sarebbe poi un modo inconfutabile per educare carattere e volontà, parametri di cui si sente molto la mancanza ai nostri giorni.

In passato esisteva il ricorso al “fioretto”, ovvero quelle piccole rinunce che si praticavano per allenare la speranza. Questo concetto è stato svilito e spesso ridicolizzato da una cultura moderna sempre più falsamente pratica e certamente superficiale.

Dobbiamo perciò gioire quando sentiamo il Papa parlare di ecologia e conservazione del Creato, perché in queste proposte risiede un progetto educativo che sarebbe giusto nutrimento per corpo, spirito e intelletto.

Archeologia: gli scavi di Nazareth e i riscontri evangelici

Archeologia: gli scavi di Nazareth e i riscontri evangelici

I recenti ritrovamenti confermano i testi del Vangelo

Non potendo contestare i riscontri storici dell’esistenza storica di Gesù, molti detrattori della veridicità del Vangelo insistevano sul fatto che non fosse mai esistito ai tempi del Salvatore un villaggio in Palestina chiamato Nazareth.

Con i recenti ritrovamenti archeologici anche questa ultima velleità è stata azzerata senza alcuna ombra di contestazione.

Scavi archeologici svolti in loco, non solo hanno confermato l’esistenza di Nazareth a cavallo tra i secoli attorno all’anno zero, ma hanno anche rilevato la presenza di una folta comunità ebraica. Le risultanze relative a oggetti, resti e reperti hanno permesso inoltre agli archeologi e agli storici di determinare le tendenze ideologiche della popolazione residente.

Sono state ad esempio ritrovate le tombe di tipo kokhim. Si tratta di sepolcri intagliati nella roccia. Questi edifici funebri erano ovviamente chiusi su tre lati e sigillati in ingresso da una grande pietra rotolante, esattamente come venne descritto il sepolcro di Gesù a Gerusalemme.

Una popolazione fiera e tradizionalista

Gli abitanti di Nazareth erano molto ortodossi nell’osservanza della fede ebraica tradizionale e si distinsero per aver rifiutato costantemente l’influenza romana, almeno fino al 70 d.C.

In occasione della grande offensiva romana che portò alla distruzione del Tempio di Gerusalemme, contrariamente agli altri paesi limitrofi, Nazareth resistette tenacemente. Sono stati ritrovati infatti rifugi e nascondigli scavati nella roccia. Venivano usati dai residenti al fine di proteggersi per non arrendersi ai Romani.

Negli scavi infatti, non sono state rinvenute neppure monete romane, segno evidente che il commercio pacifico con l’invasore non venne praticato a Nazareth, come invece avvenne altrove.

Questi fatti porterebbero a ritenere plausibile il rifiuto che Gesù riscontrò nel villaggio della residenza, evidenziato col famoso “Nemo profeta in patria”.

Un’altra prova della stretta ortodossia praticata dai cittadini di Nazareth è data da alcuni confronti con le usanze rilevate dai resti del vicino villaggio di Sèpphoris (in Italiano Zippori, ma conosciuta in epoca romana come Diocaesarea). In questo paesello il letame organico veniva utilizzato per concimare, azione proibita agli ebrei osservanti. A Nazareth invece ciò non avveniva.

Ancora in Sèpphoris, come in altri villaggi del tempo, sono stati ritrovati resti di ceramica di fattura romana. In Nazareth tutti i ritrovamenti sono relativi a ceramica locale, segno della fiera opposizione al dominio straniero.

A quanto risulta Nazareth avrebbe avuto dimensioni ben maggiori di quanto ritenevano gli storici che ne hanno sempre sostenuto l’esistenza.

Le pubblicazioni e i nuovi studi

Gli studi sono stati approfonditi dal prof. Ken Dark, direttore del Nazareth Archaeological Project, e svolti in collaborazione con l’University of Reading.

Ulteriori riscontri si possono trovare sul libro “Roman-period and Byzantine Nazareth and its hinterland“, Palestine Exploration Fund Annual, 15. Routledge, London and New York 2020.

Ora lo studioso è impegnato ad approfondire le rilevanze emerse dalla scoperta di una casa che potrebbe essere quella in cui abitò la Sacra Famiglia, o per lo meno quella ritenuta tale in epoca bizantina.

Questo studio è reso noto nella pubblicazione “The Sisters of Nazareth Convent: A Roman-Period, Byzantine and Crusader Site in Central Nazareth“.

Nascita e morte di Gesù, la data, storia e tradizione

Nascita e morte di Gesù, la data, storia e tradizione

Gli studi storici sulla figura del Salvatore.

Da secoli gli storici sono alla ricerca della datazione corretta della nascita e della morte di Yoshua ben Yosef, meglio conosciuto come Gesù.

È molto diffusa la convinzione che la data della nascita di Gesù sia avvenuta il 25 dicembre dell’anno zero. Circa la morte viene annualmente commemorata nel giorno di Pasqua, che come sappiamo varia di anno in anno.

Occorre inoltre chiarire che la tradizione non va intesa come scientificamente probante, e che sia necessario fare riferimento alle risultanze storiche. Ciò non significa, almeno finora, che le due versioni siano incompatibili. Ma anche se così fosse, ogni eventuale risultato di una ricerca non inficerebbe la realtà circa la storicità della figura di Gesù.

Cosa dicono gli storici

Gli studi finora effettuati hanno portato ad alcune conclusioni che derivano da numerosi incroci di dati storici. Essi sono tratti non solo dai testi evangelici, che comunque sono documenti antichi dei quali si sono rinvenuti numerosi frammenti. Le fonti sono le medesime utilizzate per la ricostruzione del periodo antico relativo ai tempi di Cristo, ovvero Tacito, Eusebio da Cesarea, Svetonio, Giuseppe Flavio, ecc.

Secondo le ricostruzioni storico-scientifiche, Gesù fu crocifisso durante le festività di Pesach (la Pasqua ebraica), che cadeva il giorno 15 Nisan ma che duravano otto giorni. Sappiamo però che la morte avvenne il venerdì, e che la crocifissione avvenne tra le ore 9 e le 12 del mattino. Non risulta però l’ora della morte.

Se risaliamo al periodo specifico abbiamo pochi casi in cui il 15 Nisan cadde il venerdì. Incrociando infatti questi dati con gli anni del mandato di Ponzio Pilato (26-36 d.C.), scopriamo che solo il 22 marzo del 26, il 3 aprile del 33 e il 30 marzo del 36, abbiamo la concomitanza col venerdì. I giorni vengono poi ricalcolati nel 20 marzo, 1° aprile e 28 marzo a causa della correzione introdotta dal calendario gregoriano.

L’ultima teoria

Uno studio ancora più recente, apparso su Annales Theologici, propone e motiva un’ulteriore ipotesi, ovvero la nascita nel 1 a.C e la morte nel 34.

Altri studi ancora, che prendono in considerazione l’incrocio col periodo del regno di Tiberio Giulio Cesare Augusto, stabiliscono che invece la data della nascita di Gesù potrebbe essere collocata tra il 4 e il 9 a.C.

Tutte queste ipotesi non sono in contrasto con la tradizione. La durata del ministero del Salvatore, indicata è in tre anni. Ma l’inizio del suo annuncio non è specificato nei 30 anni di età, bensì in un “dopo i trent’anni”.

A complicare ulteriormente le cose interviene anche l’incertezza circa la morte di Erode il Grande. Fino a pochi mesi or sono la maggior parte degli storici era convinta che il re morì nel 4 a.C. Ciò farebbe spostare la nascita di Gesù ad almeno il 4 o 5 a.C., senonché questa data sarebbe messa in forte discussione dalle nuove risultanze relative alla vita di Erode il Grande

Gli approfondimenti e maggiori dettagli potrebbero presto avvicendarsi numerosi circa questo appassionante enigma storico.

Non burliamoci dei mistici: in realtà sono combattenti

Non burliamoci dei mistici: in realtà sono combattenti

Il significato della Teologia Spirituale

La nostra epoca, anche in conseguenza ad un uso indiscriminato dei social media, sta sempre più sprofondando nell’approssimazione e nel relativismo. Alcuni aspetti fondamentali della vita dell’uomo e essenziali per la comunità umana, sono liquidati con giudizi superficiali.

A risentire di questo stato di cose sono soprattutto quelle accezioni che in realtà fanno la differenza tra il genere umano e tutte le altre specie presenti sul pianeta, ovvero gli aspetti spirituali.

Che piaccia o no, l’uomo è dotato di una sua spiritualità naturale, e tende a scoprire sempre di più in una ricerca introspettiva. Al corpo materiale si unisce una capacità mentale che produce sentimenti e pensieri, elementi impalpabili ma dei quali non si può negare l’esistenza.

La Scienza

La Scienza stessa riconosce attualmente che alcuni aspetti del “sentire” umano sfuggono al regno della materia, e inserisce questi studi nella fisica quantistica.

Al contrario di quanto la ragione ci indurrebbe a pensare, il comportamento collettivo si sta orientando sul riduzionismo dell’importanza spirituale.

Prendiamo ad esempio i mistici, ovvero coloro che esaltano le loro capacità spirituali, attraverso un cammino di ascesi. Dai più vengono considerati “idealisti”, “sognatori” e addirittura pazzi. La realtà è ben diversa rispetto a questi giudizi.

Il significato stesso di “ascesi” viene frainteso e ridotto in una definizione di “estasi”. In realtà il termine deriva dal greco “Askesis”, che significa combattimento. Si tratta infatti di una lotta interiore che deriva dallo sforza di far uscire in un ambito umano quanto di spirituale c’è nell’uomo, per meglio cogliere il messaggio divino.

L’ascesi non è un percorso che viene richiesto obbligatoriamente, ma è una scelta che un singolo adotta perché la sente più vicina ai propri carismi e le proprie aspettative.

L’etimologia del termine ci autorizza quindi a considerare il mistico alla stregua di uyn lottatore, che ha scelto la battaglia interiore per scrutare in sé le tracce di Dio.

La Teologia Spirituale

È un campo indagato dalla Teologia Spirituale, quella disciplina nata storicamente col Concilio di Trento nel momento in cui i Padri Conciliari hanno incaricato la Compagnia di Gesù di trovare la Ratio Studiorum per i Seminari.

Santa Teresa d’Avila e da San Giovanni della Croce fornirono un immenso contributo.

Mistico, inoltre è la traduzione di “Mistes”, ovvero colui che è iniziato a esplorare una realtà nascosta. È chi cerca di svelare il mistero.

Le tracce dell’esigenza mistica si trovano già nella Genesi col riposo di Dio dopo la creazione. Sarebbe impensabile sostenere che Dio, l’Onnipotente, abbia bisogno di riposo. Dobbiamo quindi interpretare questo suo gesto come un messaggio: Dio si riposa nel cuore dell’uomo. E ri-posandosi nel cuore di ognuno, lavora in esso.

E così come santificare le feste significa ricevere la benedizione del Signore, così nel riposo delle feste l’uomo riposa nel cuore di Dio.

Scienza e Religione insieme per la Verità

Scienza e Religione insieme per la Verità

Molti problemi sorgono quando non ci si intende con i termini che vengono usati.

Accade quindi che si stia parlando di un argomento, e l’interlocutore ne comprenda un altro.

Ciò accade più spesso di quanto possiamo immaginare.

Prendiamo ad esempio il concetto di Scienza.
La quasi totalità delle persone è incline a dare per scontato che ciò che dice la Scienza sia indiscutibile.

Certamente questo è il comportamento più prudente e al quale occorre affidarsi, ma non bisogna cadere nell’errore che la Scienza sia un assoluto. Anche perché gli scienziati continuano a dirci che non è vero.

La Scienza nel formulare le sue teorie, parte dagli assiomi, ovvero quegli aspetti che vengono dati per scontati siano veri.

Oggi, per forza di cose, gli scienziati devono necessariamente partire da assiomi che in qualche caso non sono verificati e sono ancora allo stato di teorie.

Prendiamo ad esempio il Big-Bang. Se ne parla in tutte le odierne teorie dando per scontato che sia stato l’origine dell’universo. Ma questo fatto, seppur molto probabile, non è certo. E comunque il Big-Bang è stato promosso a assioma.

Si tratta di un modo per progredire con la Scienza, la quale non è un punto di arrivo ma un mezzo. O meglio detto: la Scienza non è la Verità, ma uno dei mezzi per raggiungere la Verità.

La Religione parte anch’essa da un assioma, ovvero l’esistenza di Dio. Si tratta di una Verità di Fede, che è resa credibile dai ragionamenti filosofici e teologici. Da questo assioma ci si dirige verso la ricerca della Verità, che per i credenti è realizzazione del Regno di Dio.

Benedetto XVI, confermando ciò che sostenne San Giovanni Paolo II, disse più volte che Scienza e Religione, ovvero Ragione e Scienza, non possono essere separate. Devono al contrario marciare in armonia, proprio con lo scopo di raggiungere la Verità.

È un richiamo forte alla composizione della stessa natura umana, fatta di materia e spirito, carne e mente, azione e pensiero. Tutti binomi che separare significherebbe una mutilazione.

Sartre, pensatore ateo disse che il corpo sarà sempre “il superato” da quel qualcosa in più che esiste nella persona umana.

Per noi cattolici ciò è ancora più vero perché crediamo in Cristo Logos, Gesù Parola. E se Gesù è la Parola, e la Parola è Verità e la Verità è Ragione, tutto ciò che è contro la Ragione è anche contro Dio.

Chiesa: sappiamo veramente cos’è?

Chiesa: sappiamo veramente cos'è?

Un dibattito aperto da secoli.

Parliamo e sentiamo parlare continuamente di Chiesa, ma nella maggior parte dei casi attribuiamo a questo termine il significato non corretto. Ne deriva un dialogo “tra sordi”, in quanto l’oggetto del discutere non è chiaro e ben identificato.

Purtroppo molto spesso a “Chiesa” si attribuisce la traduzione che fa emergere la “istituzione”, la gerarchia dei prelati. Ne sorte un’accezione sbagliata di quello che è il vero significato e soprattutto una distorsione di quanto Nostro Signore intendeva nell’edificarla.

Partiamo dal significato del termine.

Semanticamente “Chiesa” deriva dal termine latino “Ecclesia”. La disciplina che studia la Chiesa si chiama “Ecclesiologia” e affonda le radici nella lingua greca. L’unione tra i termini “ek” (= da), “kaleil” (chiamare) e “logos” (=discorso, parola), ci fa capire che si tratta del “Discorso su chi è chiamato”. La Chiesa è quindi “colei che è chiamata”.

Nei secoli il concetto che i fedeli e i non credenti hanno avuto della Ecclesia, ha subito diverse trasformazioni. Ne evidenzieremo le tre più importanti.

Personificata simbolicamente

Pietrificata

Comunicante

Personificata simbolicamente

È la Chiesa dei primi secoli cristiani. La Chiesa dei Padri e dell’alto medioevo.

In quell’epoca, dopo la nascita delle prime comunità cristiane, le persecuzioni e l’affermarsi della dottrina dopo l’editto di Costantino, la Chiesa era intesa come una relazione frontale con Cristo. L’idea diffusa era quella già presente nell’Antico Testamento, dove il rapporto tra Dio e il Popolo di Israele era visto come un rapporto di coppia Il Padre ama il suo popolo e lo perdona, gli resta fedele, nonostante i tradimenti. In questa ottica vanno letti molti testi profeti, come ad esempio Osea, Geremia, Ezechiele e molti altri.

Una comunità fraterna la cui base era costituita dalla Scrittura interpretata dai Padri nelle chiavi più opportune, attraverso i generi letterari utilizzati. Una Chiesa vergine, fidanzata e sposa in cui prevale l’accezione bellissima di Madre dei Viventi.

Pietrificata

Con il tardo medioevo intervennero vari fattori politici. Il potere temporale del papato si affermò, e iniziarono le dispute con l’Impero. La Chiesa viene distratta dalle sue mansioni spirituali dal tentativo di affermarle. Il popolo inizia a identificare la Chiesa come centro di potere e la sua gerarchia viene considerata in senso politico.

Perde vigore la suggestione di Chiesa come comunità ed emerge una divaricazione tra l’aspetto giuridico e quello mistico, in cui, nell’immaginario popolare e in taluni fatti, si afferma maggiormente il primo. Ad acuire il problema intervenne la spaccatura coi Protestanti che fa perdere anche l’immagine di unità.

Con il Concilio di Trento si tentò di attenuare la tendenza a immaginare la Chiesa in senso gerarchico, ma questa suggestione restò viva e purtroppo sopravvive ancora oggi.

Comunicante

Il Concilio Vaticano II ha dato una visione illuminante della Chiesa e del concetto con il quale essa va identificata.

Il pericolo di interpretare in senso gerarchico, pur restando vegeto ancora ai nostri giorni, è stato fortemente ridimensionato.

Si tratta della revisione più importante che sia intervenuta negli ultimi 400 anni per riportare il significato ai primi secoli, nel recupero totale delle tradizioni, ma soprattutto nel riaccordarsi con la volontà espressa da Gesù e pervenutaci grazie al Vangelo.

Se per la Prima Alleanza Dio era lo sposo, e il popolo di Israele simboleggiava la sposa, per i cristiani lo sposo è Gesù e la sposa è la Chiesa.

Gli aspetti che ne derivano sono quelli di una Chiesa Comunione di Dio con gli uomini, di un popolo di Dio pellegrinante, e di una Chiesa Sacramento universale di Salvezza.

Un problema di identificazione

Non ha senso identificare la Chiesa in una struttura muraria, o nella Città del Vaticano. E meno ancora giudicare la Chiesa dal comportamento di alcuni membri, siano essi Vescovi, Presbiteri, Diaconi o laici.

La Chiesa è COMUNIONE, quindi un progetto, un sentimento, un cammino. L’appartenenza ad essa implica un impegno, non la giustificazione del diritto di giudicare. Lo scopo è quello di conservare e diffondere il progetto di Dio, con la Sacra Scrittura, la Sacra Tradizione e l’armonia col Magistero.

La Chiesa, così concepita, ha ricevuto il mandato divino. Si spiega in questo modo il suo essere Una anche se divisa, Santa anche se peccatrice, Cattolica perché universale, Apostolica perché fedele alla discendenza degli Apostoli, ultimi testimoni oculari di Gesù in terra.

È in pratica la formula che ripetiamo nel Credo.

Un recupero dell’importanza della Chiesa Universale, Chiesa locale e Chiesa domestica.

In questo contesto la famiglia assume un importanza fondamentale. Diviene veramente la prima cellula della comunità civile e cristiana.

Col Concilio Vaticano II è stato sancito definitivamente il concetto di famiglia non più solo oggetto, ma anche soggetto di evangelizzazione, in una presa di responsabilità che i genitori non possono più ignorare.

La credibilità della nostra Fede

La credibilità della nostra Fede

Ecco perché credere non è un salto nel buio, ma è l’affidamento a qualcosa di attendibile.

L’immagine del cristiano credulone e ingenuo nelle proprie scelte di fede è sempre stata una costante fin dalla nascita della Chiesa.

Non si tratta però solo di un errato retaggio culturale, ma dell’esposizione di una posizione relativista e limitata da uno scarso approfondimento culturale prima ancora che teologico.

Occorre innanzitutto chiedersi cosa significa “credere” e “avere fede in” anche dal punto di vista semantico. “Avere fede” vuol dire affidarsi. Noi facciamo continuamente atti di affidamento, ormai anche in modo abbastanza automatico e senza farci troppo caso.

Ci affidiamo al fruttivendolo, credendo che la merce sia fresca; diamo fiducia all’assicuratore quando firmiamo un contratto; non esitiamo in sofismi acquistando un’auto basandoci sulla pubblicità; ci abbandoniamo al parere del medico nella convinzione che sappia ciò che fa; lasciamo i nostri figli a scuola con la sicurezza che siano in buone mani. In ogni nostra azione quotidiana c’è traccia di fede, soprattutto negli aspetti per noi fondamentali. Solo per quanto riguarda l’aspetto religioso vogliamo la prova scientifica. E ciò senza pensare che anche alla scienza noi diamo fiducia al buio.

A nessuno di noi verrebbe in mente di pensare che Platone, Aristotele o Alessandro Magno siano frutto di fantasia. Solo in Gesù di Nazareth, sul quale gli storici sono concordi nel dire che ha vissuto circa duemila anni fa col nome di Yoshua ben Yosef, e sul quale esistono prove storiche e storiografiche maggiori rispetto a quelle dei personaggi sopra citati, noi non vogliamo credere neppure nell’aspetto storico.

Ora, fermo restando che Yoshua ben Yosef è esistito, cerchiamo di essere coerenti e valutiamo la sua figura.

Il problema non è quello di raggiungere una certezza matematica, ma di acquisire una “fede”, ovvero un motivo per cui sia valido il concetto di affidamento.

Dal punto di vista storico emerge che i seguaci di Gesù abbiano predicato una dottrina che prevede la pace, la mansuetudine, la solidarietà, la fratellanza, l’amore. Si tratta di concetti che anche dal punto di vista umano possono essere condivisi e che vale la pena seguire e approfondire. Si raggiunge quindi, attraverso la logica, la consapevolezza che questo messaggio è buono. E se un messaggio è buono, è anche qualcosa a cui ci si può “affidare”.

È un passaggio fondamentale che ancora non ha a che fare col pensiero religioso, ma investe l’ambito della ragione. Siamo arrivati dunque alla conclusione che il pensiero cristiano è ragionevole, e quindi coerente con la ragione.

Passiamo ora ad analizzare quanto implica il pensiero diffuso dal Vangelo in ambito religioso.

Abbiamo una serie di problemi di fondo che angosciano l’uomo fin dalla notte dei tempi. Sono gli aspetti esistenziali, ovvero i classici “chi siamo”, “dove andiamo”, perché esistiamo”.

È facile ricondurre queste domande a altrettante risposte che non possono essere liquidate in semplicistici “finisce qui”, oppure “è tutto un nulla”. Per lo meno non è intellettualmente e culturalmente coerente. Sono troppi infatti gli indizi che, anche se non sono prove definitorie, ci inducono a pensare che l’universo e il nostro mondo interiore non siano legati al caso.

La posizione attuale della scienza è quella di un ripensamento su quanto esiste nonostante sia impalpabile. I fisici stanno ipotizzando sul concreto concetto di “anima” slegato da realtà corporee. Voglio ricordare il “soma, psiche, pneuma della filosofia antica, che corrisponde a “corpo, mente, anima”.

Siamo quindi disposti a seguire un discorso se ce lo suggerisce la scienza. Sulla scienza facciamo “affidamento”. Ma la scienza stessa non fa “affidamento” su se stessa. Tanto è vero che si mette in discussione continuamente, al contrario di quanto facciamo noi che la seguiamo.

Ebbene. Fare “affidamento” su un messaggio di speranza che invita all’armonia, non è un atteggiamento ingenuo. Accettare un Creatore che non riusciamo a concepire, in sostituzione di un “meccanismo scientifico creatore” che altrettanto non riusciamo a comprendere, è forse assurdo?

Da queste considerazioni è logico, ma anche giusto dedurre che la Fede è credibile. E lo è anche se non è scienza, e forse proprio perché non è scienza.

La moderna teologia non rifiuta la scienza, anzi per ripetere le parole del Concilio Vaticano II, “gioisce dei progressi della scienze umane”. Arriva a dire che qualsiasi cosa sostenuta senza la ragione è contro Dio, perché il nostro Dio, nella sua seconda persona è Logos (parola). Ma Logos è anche pensiero, quindi concetto vero ma non palpabile. Pensiero e Parola sono cose che non si possono toccare, eppure esistono. E il pensiero a maggior ragione in quanto esiste anche se neppure lo “sentiamo” con i sensi.

Affidiamoci quindi a ciò che è buono, e “diamo voce alla speranza che è in noi”. Cos’è la Fede se non una mano tesa?

La definizione di fede è infatti: “credere nella verità e giustezza di un assunto”.

In memoria di Mons. Alessandro Sappa

I Sacramenti del sigillo

I Sacramenti del sigillo

Battesimo, Cresima e Ordine sono irripetibili: vediamo perché

Tra i sette Sacramenti impartiti dalla Chiesa ce ne sono tre che si possono ricevere una sola volta nel corso della vita. Battesimo, Cresima e Ordine Sacro non possono essere ripetuti.

Per gli altri quattro, infatti la ripetibilità è concessa. È raccomandato ricevere l’Eucarestia e accostarci alla Penitenza più di una volta, e non si esclude la possibilità di accedere al matrimonio in caso di vedovanza, o all’Unzione degli infermi in caso di necessità.

Perché questi tre Sacramenti sono così particolari?

Va innanzitutto specificato che i Sacramenti si dividono in Personali (Battesimo, Eucarestia, Cresima o Confermazione, Penitenza e Unzione), in quanto agiscono nell’ambito della singola persona, e Sociali (Matrimonio e Ordine), perché contribuiscono all’accrescimento rispettivamente materiale e spirituale della Chiesa. Tre sono quelli dell’Iniziazione (Battesimo, Eucarestia e Cresima).

I tre Sacramenti irripetibili sono quelli che imprimono un sigillo, ovvero donano la caratteristica di appartenere al popolo di Dio. Si tratta di un marchio indelebile che segna in modo permanente e positivo.

Perché il Battesimo ai neonati

La prima domanda che ci si potrebbe porre affrontando il discorso in modo superficiale è certamente il perché il Battesimo venga impartito su richiesta dei genitori.

La questione riguarda esclusivamente la Fede e la volontà genitoriale di impartire un indirizzo all’educazione del proprio figlio. Esattamente come sarebbe la volontà di impartire una sana istruzione, una coerente concezione della vita, una corretta alimentazione. Ritardare il Battesimo affinché sia il soggetto stesso a decidere se averlo, equivale per i genitori credenti a negare l’alimentazione perché il figlio scelga ciò che più gli piace. O non insegnare a leggere o scrivere, o a comportarsi bene, nell’illusione che sia più libero

Per i credenti il Battesimo costituisce la conditio minima per poter accedere alla vita eterna, ed è comprensibile che una coppia di fedeli voglia lasciare aperta ai loro bambini questa possibilità.

Col Battesimo scende sul battezzato un imprinting indissolubile che lo inserisce nella Chiesa, dalla quale potrebbe anche allontanarsi, ma che lascia sempre intatta la possibilità di tornare a Dio.

Esiste una nuova tendenza, certamente dettata da scarsa conoscenza, a richiedere lo “sbattezzo”. È una richiesta inutile sotto ogni aspetto. In primis il sigillo è eterno. In secundis se si è persa la Grazia del Battesimo dovrebbe importare poco.

I Sacramenti accompagnano i fedeli nel corso della loro vita segnando i gradini dello loro crescita cristiana. E se col Battesimo c’è l’accesso (in tutti i sensi), con Penitenza, Eucarestia, Cresima, Matrimonio o Ordine, e Unzione sono rappresentate le età anagrafiche ma anche l’intensità della Fede.

Cresima e responsabilità

La Confermazione trae le sue origini e le ragioni teologiche dalla Pentecoste. Gli Apostoli, già battezzati, ricevettero la pienezza del Battesimo con l’effusione dello Spirito Santo. Con esso ebbero forza e sapienza per evangelizzare.

Allo stesso modo il cristiano che riceve la Cresima in età di giusto discernimento, è autorizzato e ha il dovere alla diffusione della Parola. Sacramentum è un termine che deriva dal latino, e nell’antica Roma indicava la cauzione penale da pagare per avere la libertà, ma anche il giuramento prestato dalle reclute dell’esercito. Di questi significati rimane traccia nel riscatto dal peccato e della Cresima che rende “soldati di Cristo”.

La Confermazione aggiunge un sigillo definitivo che completa l’iniziazione del cristiano. Ne basta una per rendere il fedele “responsabile” per tutta la vita. Viene impartita dal Vescovo (o da un incaricato specificatamente), perché solo un successore degli Apostoli, che ricevettero lo Spirito Santo direttamente da Dio, può trasmetterlo.

Nella gerarchia della Chiesa la distinzione fondamentale all’interno del popolo di Dio è quella tra Chierici e Laici. I Chierici possono essere Vescovi, Presbiteri o Diaconi, i quali, con mansioni e prerogative diverse possono agire i Persona Christi. I secondi sono coloro che ricoprono funzioni importanti nell’ambito ecclesiale, anche nella Liturgia. Il Diritto Canonico riconosce ai laici il diritto, ma anche il dovere di diffondere il messaggio divino. Nell’Eucarestia essi partecipano attivamente al Sacrificio (sacrum facere), e assumono il vero corpo e il vero sangue della vittima divina, offerto da tutto il sacerdozio comune di cui fanno parte.

“Tu sarai Sacerdote in eterno”

Ma se il sacerdozio comune ci comprende tutti, per essere Ministro Sacro occorre un ulteriore sigillo: è quello dell’Ordine Sacro. Ciò che rende Sacerdote in eterno. È l’ulteriore e definitivo step riservato agli uomini sul cammino verso il Regno. Un gradino che pone l’ordinato nella situazione di essere più vicino alle condizioni che vivremo nella Gerusalemme Celeste.

Quest’ultimo è uno dei motivi teologici del celibato dei chierici. Non si esclude la possibilità di accedervi per i vedovi. Non è però ammesso il “passo indietro” in questo cammino: chi è Ministro Ordinato non può sposarsi. Così come un Diacono può essere ordinato da sposato, ma se lo diventa da celibe deve restare tale.

Questa è in sostanza l’importanza dei sigilli, che sono dolci doni che Dio ha voluto distribuire nella sua bontà.

La crisi “modernista” e il rinnovamento del ‘900

La crisi "modernista" e il rinnovamento del '900

Una lettura del Cristianesimo figlia della Teologia Liberale protestante.

Il Modernismo teologico rappresenta probabilmente la punta più elevata raggiunta dall’impatto della Chiesa con l’evoluzione moderna del mondo.

Risentendo della Teologia liberale avviata dal Protestantesimo, il Modernismo rilegge il Cristianesimo in una prospettiva di evoluzione religiosa dell’umanità, arrivando a minimizzare il carattere trascendente della Rivelazione cristiana.

Ne risentì anche il concetto e la comprensione del Sacramentum, di cui si mise in dubbio la provenienza da Cristo attribuendone l’origine addirittura al contatto della formazione cristiana con le religioni misteriche. Questa crisi provocò un approfondimento storico che ne sconfessò le tesi.

Nel 1907 Papa Pio X condannò il Modernismo nella “Pascendi Dominici Gregis”.

Nell’800 era nato in Francia sotto l’aspetto concettuale, un movimento liturgico che si affermò e fu sviluppato nel secolo successivo da Guardini, Casel, Schüster, Duchesne e altri, che recuperò l’immagine e la sostanza dei Sacramenti, visti quali membra di Cristo.

Teologi del calibro di Schillebeeckx, Semmel Roth, Karl Rahner introdussero nel Concilio Vaticano II i concetti che portarono a stabilire che Cristo e la Chiesa sono i primi sacramenti. Ovvero Cristo è il primo, e la Chiesa ne è la continuazione.

I sacramenti assurgono quindi a punti fissi e irrinunciabili. Ci consentono infatti di entrare nel mysterion.

Emerge di conseguenza che la Parola è costitutiva del Sacramento e che Filosofia e Teologia ricollocano ilm Sacramentum nel Mysterion.

Questa visione ha permesso di arrivare alle conclusioni attuali, per cui i Sacramenti sono le mani di Cristo che continuano a toccarci attraverso spazio e tempo. La Chiesa è il Vangelo che continua.

(Si ringrazia il Prof. Don Emmanuel Lemiere per la lezione universitaria di Sacramentaria sull’argomento)