Una porta stretta ti obbliga a essere piccolo
Quando si giunge a Betlemme e ti prepari ad entrare nella grande basilica della Natività rimani senza parole… cerchi un solenne portale e non lo trovi, cerchi la grande porta principale e vedi solo un piccolo passaggio in pietra: basso e stretto!
Gli storici dicono che questa piccola porta è quanto è rimasto di una più ampia, murata e così ristretta e abbassata per evitare che i predatori di ogni appartenenza potessero entrare a cavallo con grave disprezzo del luogo sacro.
È facile scorgere il significato simbolico di quella che è chiamata “la porta dell’umiltà”.
Si entra nel luogo che celebra l’ingresso del Figlio di Dio nella carne degli uomini, dell’Eterno nella storia del mondo facendosi piccoli, come Lui si è fatto infante e povero.
Occorre chinare il capo e la schiena… occorre farsi piccoli per passare attraverso la porta di Betlemme!
Oggi a Gesù viene posta una domanda: “tanti o pochi?”.
È il vizio degli umani di contare, prevedere statistiche, rendere simile all’aritmetica umana l’agire di Dio.
Tanti o pochi, così ragionano gli uomini.
Gesù invece ci parla dello sguardo del Padre.
A lui non interessano né tanti né pochi, non è una questione di numeri ma di trasformazione.
“Sforzatevi” è l’invito di Gesù.
È difficile, è impegnativo ma è possibile… dovete cambiare!
La porta stretta di cui ci parla il vangelo è una porta aperta, è bene ricordarlo.
Non è una porta che indica un numero prestabilito, un numero chiuso di salvati… è una porta stretta che non ammette vie preferenziali, raccomandati, è una porta per tutti, ma tutti devono sforzarsi…
Con sapienza Benedetto XVI ha pronunciato queste parole:
«Che significa questa “porta stretta”? Perché molti non riescono ad entrarvi? Si tratta forse di un passaggio riservato solo ad alcuni eletti? In effetti, questo modo di ragionare degli interlocutori di Gesù, a ben vedere è sempre attuale: è sempre in agguato la tentazione di interpretare la pratica religiosa come fonte di privilegi o di sicurezze.
In realtà, il messaggio di Cristo va proprio in senso opposto: tutti possono entrare nella vita, ma per tutti la porta è “stretta”. Non ci sono privilegiati. Il passaggio alla vita eterna è aperto a tutti, ma è “stretto” perché è esigente, richiede impegno, abnegazione, mortificazione del proprio egoismo» (Angelus, 26 agosto 2007).
Gesù non lascia spazio a facili e felici conclusioni, vi è la possibilità che la porta stretta, ma aperta, a un certo venga chiusa e nonostante le insistenze non si apra più.
È quanto accade agli “operatori di ingiustizia”. Cioè quando poniamo prima di ogni cosa la nostra volontà, il nostro io, la nostra realizzazione.
Quando cioè la nostra presunta “giustizia” non è segnata da una trasformazione profonda del cuore e della vita.
Quando cioè decidiamo che non valga la pena “sforzarci” di vivere una vita diversa.
Quando ci accontentiamo di quello che siamo, pensiamo e facciamo e riteniamo che così vada bene… allora la porta si chiude e noi potremo battere all’infinito ma non ci verrà aperto perché: “non vi conosco, non so da dove veniate!”.
La domanda allora non è tanti o pochi, bensì “trasformati”… accettando un cammino di conversione e cambiamento.
Già… ma qual è allora la misura della porta stretta da cui dobbiamo sforzarci di passare?
La dimensione della porta stretta da attraversare è la Pasqua che Gesù ha vissuto, è la porta stretta della croce che profuma di fatica e risplende di gloria. Lui, e solo Lui, è la porta per entrare in comunione il Padre che ogni uomo cerca.
E non passerai se vorrai entrare grande, potente e sfrontato: devi farti piccolo, accettare che sia Lui a renderti forte. Solo riconoscendo di essere “ultimo”, allora scoprirai per te, inaspettato, il primo posto, secondo la promessa di Gesù.
“Io sono la porta” – ci ricorda Gesù nel vangelo di Giovanni – “io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.
Ecco a cosa ci porta la porta stretta: non a una vita angusta, impoverita, triste… ma a una vita piena e abbondante perché donata.
È la vita di Gesù!
E allora raccogliamo l’invito dell’Apostolo: “rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire”.
Né pochi né tanti… ma trasformati!