“Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando”

"Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando"

Il senso di queste parole di Gesù, che ci ama davvero

«Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando». Un’amicizia davvero particolare quella con Gesù: sei mio amico se fai quello che ti ordino!

Ma non è una frase senza senso! Il Signore ci ama davvero, ci stima, al punto di averci fatto oggetto della sua predilezione («non voi avete scelto me ma io ho scelto voi»), nutre per noi l’amore più grande e più vero («nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici»), ma ci avvisa che per rimanere nella sua amicizia, nel suo amore, è necessario obbedire alla sua parola.

Sembra un controsenso, ma non è così: le parole del Signore, i suoi insegnamenti, i suoi comandi, sono spirito e vita. Ci permettono di vivere in pienezza, evitando il peccato, che fa male alla nostra umanità, che deturpa la nostra stessa identità di esseri creati ad immagine e somiglianza di Dio.

Per questo ci chiede di fare ciò che comanda: perché è solo nell’obbedienza alla volontà di Dio che noi possiamo davvero essere noi stessi e possiamo davvero essere felici.

La luce nelle tenebre

La luce nelle tenebre

Gesù è venuto a darci parole di vita eterna

“Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre”. Chi crede in Gesù non rimane nelle tenebre.

Tante volte la nostra vita sembra una serie di avvenimenti senza filo logico. Talvolta non capiamo quale sia il senso delle cose che ci capitano, o più in generale il senso della nostra esistenza. Gesù ci chiede di credere in Lui, e questo darà luce alla nostra esistenza.

Credere non significa solo pensare che Dio esista, che sia una sostanza in tre persone e che Gesù sia vero uomo e vero Dio. Non significa solo ritenere che siano vere tutte quelle verità che la Chiesa Cattolica ci propone di credere. Questo è assolutamente necessario, ma non basta.

Credere significa fidarsi di Dio, pensare che le sue parole siano vere, e agire di conseguenza, cioè in concreto fare quello che la parola di Dio e il magistero autentico della Chiesa (che la interpreta in modo autorevole) ci comandano.

È questa la vera fede. Una fede che non incida nel modo di pensare e di vivere non è la fede cristiana. È solo una fantasia, un gioco mentale, che non ci dona luce e ci lascia nelle tenebre, una fantasia che non ci aiuterà a rendere migliore la nostra esistenza su questa terra e non ci gioverà per la salvezza eterna.

“Volete andarvene anche voi?” (da GV 6,67)

"Volete andarvene anche voi?" (da GV 6,67)

Quando si dice: “Io sono cristiano, ma la penso a modo mio” …

“Volete andarvene anche voi?”. Molti discepoli, alle parole di Gesù sul suo corpo e sul suo sangue, se ne sono andati.

Anche ai nostri giorni spesso succede così: molte persone non possono sopportare che Dio ragioni in maniera diversa da loro. Se non usa il nostro modo di pensare, se non fa quello che abbiamo in mente noi, ci allontaniamo da Lui, dalla pratica religiosa, dalla vita di fede.

Nel brano vediamo che Gesù non tenta di mediare, addolcendo la verità, rendendola meno ostica, cercando di non perdere seguaci. Gesù dice la verità, la dice tutta intera, ben sapendo che è la verità che ci fa liberi.

La domanda che fa agli apostoli («Volete andarvene anche voi?») la fa a ciascuno di noi. Anche noi siamo richiesti di credere e professare la fede cristiana tutta intera, senza limitazioni o modifiche, senza dire: «io sono cristiano però su questa cosa la penso a modo mio».

Non possiamo mettere in discussione il deposito della fede, e il magistero bimillenario della Chiesa che lo interpreta. La singola parola di questo o quel vescovo, di questo o quel Papa, detta in modo non ufficiale, non vincola le nostre coscienze.

Ma la sacra scrittura e il magistero autentico della Chiesa ci obbligano, non possiamo scegliere di farne a meno, o di modificare o limitare questo o quell’aspetto. Salvo rendere la fede cristiana qualcosa di falso. E di perfettamente inutile.

L’Eucarestia è fonte di salvezza

L'Eucarestia è fonte di salvezza

Nutrimento di Vita

“Questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia”.

Il discorso di Gesù, riportato al sesto capitolo del Vangelo di Giovanni, fa un riferimento sempre più stretto all’Eucaristia. È questo il vero pane che discende dal cielo, che da la vita eterna a chi se ne ciba.

Può dare la vita eterna perché questo pane è Gesù stesso.

Sappiamo che nell’Eucaristia Gesù è presente realmente, anche se non fisicamente, in corpo, sangue, anima e divinità. Per questo l’Eucaristia da la vita, perché in essa c’è Dio, l’unico che può dare la vita.

Nutrirsi dell’Eucaristia in modo degno, con frequenza e devozione, ci sostiene nel cammino di questa vita. Ci mantiene in amicizia con Dio e ci conduce alla vita eterna.

Accompagnarsi col Signore

Accompagnarsi col Signore

“Pur se andassi per valle oscura, non avrò a temere alcun male”

“Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti”.

Quando si decide di far salire Gesù sulla barca della nostra vita, le cose si sistemano. Non nel senso che andrà tutto bene, che i problemi concreti troveranno soluzione, o altro del genere. No. Non è così e sarebbe illusorio crederlo.

Ma quando si decide davvero di cercare di fare la volontà di Dio, pur con tutti i limiti e le debolezze della nostra natura umana, allora tutto viene illuminato da una luce diversa, che rende più sereno e gioioso il nostro vivere, meno acuto il dolore.

Non perché diventiamo stupidi e non ci accorgiamo delle difficoltà e dei dolori, ma perché viviamo sapendo di non essere soli, di non essere abbandonati a noi stessi nelle tempeste della vita, sapendo che anche quando ci accade qualcosa di irreparabile Dio c’è, ed è con noi, e che l’orizzonte a cui dobbiamo guardare non è quello degli anni che trascorriamo su questa terra, ma è quello della vita eterna.

Credere è anche vivere secondo Gesù

Credere è anche vivere secondo Gesù

Il vero significato della Fede

Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui. Per salvarci occorre credere in Lui.

Credere, lo sappiamo, non significa solo ritenere che alcune cose (ciò che diciamo nel Credo) siano vere. Questo sì, certamente è necessario. Ma non basta.

Dobbiamo cercare di compiere ciò che il Signore ci comanda. Conoscenza e azione sono legate tra loro. Dio ci manda la luce per farci capire ciò che è bene, per farci capire che Dio ci ama e ci è vicino, ma chi opera il male questa luce non la vuole, proprio perché mostra la malvagità della propria vita.

Non possiamo illuderci di credere in Dio e vivere nel male, lontani dalla sua grazia, in una condizione abituale di peccato mortale. In questo modo rifiutiamo la luce di Dio. E la rifiutiamo proprio perché mette in mostra la malvagità del nostro agire.

Chiediamo al Signore di aiutarci a vivere come piace a Lui.

Dio non ha mandato il suo Figlio per condannarci ma per salvarci. Chiediamogli di aiutarci ad accogliere nella nostra vita la sua luce.

La Chiesa può essere imperfetta, ma non verrà mai meno alla sua missione

La Chiesa può essere imperfetta, ma non verrà mai meno alla sua missione

Il Vangelo ci insegna cosa è la fiducia

Siamo sul finire del Vangelo di San Marco. Gesù risorto appare agli apostoli, rimasti in undici dopo il suicidio di Giuda. Agli apostoli era già giunta la notizia della resurrezione di Gesù: Marco cita la Maddalena e i due di Emmaus. Ma i discepoli non credono.

Allora Gesù in persona si presenta vivo, in anima e corpo, ai suoi apostoli, e li rimprovera per la loro incredulità e durezza di cuore. Pur avendo avuto molte prove credibili della resurrezione di Gesù il loro cuore rimane chiuso, ostinato, e si rifiuta di credere.

Gesù rimprovera i suoi, ma continua a fidarsi di loro, al punto da dare loro una missione davvero impegnativa, a occhio umano non fattibile: proclamare il Vangelo ad ogni uomo.

E l’annuncio del Vangelo non è il racconto di una cosa qualsiasi, di una notizia tra le tante: chi accoglierà questo annuncio, e lo metterà in pratica, ricevendo il Battesimo e accogliendo la vita nuova che Cristo ci dona, sarà salvato. Chi non lo farà verrà condannato. Dunque quella del Vangelo è una parola decisiva per ognuno di noi.

Gesù prima di congedarsi dai suoi discepoli da loro dei poteri particolari. Inoltre il brano dice che Egli confermava la parola dei discepoli con i segni che la accompagnavano.

Ci viene qui mostrata la indefettibilità della Chiesa, cioè il fatto che la Chiesa non verrà mai meno e manterrà immutata nei secoli la sua natura. La Chiesa conserverà inalterato nel tempo il messaggio della Rivelazione. E questo non per le capacità dei suoi membri (in effetti gli apostoli erano appena stati rimproverati per la loro incredulità), ma per le promesse del suo Fondatore, il Signore Gesù.

Ricordiamoci di queste parole, quando rimaniamo delusi e talvolta scandalizzati per il comportamento di tanti noi cristiani: la Chiesa nel suo magistero non può né ingannarsi né ingannare, nonostante le debolezze e i tradimenti di noi cristiani. Perché la Chiesa non è solamente l’insieme dei Cristiani, ma è il corpo mistico del Signore, quel corpo di cui Cristo è il capo.

Ed è grazie a Lui, e non certo grazie a noi, che non potrà mai cessare di esistere né potrà mai venire meno alla sua missione di annuncio della parola di salvezza e di santificazione di ogni uomo.

Gesù è vivo ed è con noi

esù è vivo ed è con noi

La gioia del messaggio: “Sarò con voi per sempre”

Siamo nell’Ottava di Pasqua, quella settimana che va dalla domenica di Pasqua alla domenica successiva, settimana che la liturgia considera un unico giorno, il giorno della risurrezione del Signore.

E i vangeli di questa settimana insistono nel mostrarci le apparizioni del Risorto. E insistono su due aspetti: il primo è che Gesù è veramente risorto, è vivo, in anima e corpo, si fa vedere, ascoltare, toccare, mangia e beve con coloro che lo incontrano, il secondo è che i discepoli, anche dopo aver incontrato il Signore, non credono.

È questo un motivo che rende credibili questi racconti: i discepoli, e gli undici apostoli per primi, non erano predisposti a credere alla resurrezione. Fino alla Pentecoste, quando lo Spirito Santo è sceso dal cielo e li ha illuminati, non credevano neppure all’evidenza.

I brani di vangelo che leggiamo in questi giorni ci vogliono comunicare una realtà fondamentale: la resurrezione è un fatto storico realmente accaduto.

Ne consegue che Gesù oggi è vivo, in anima e corpo. Non riusciamo né a vederlo né ad ascoltarlo non perché sia meno vivo di noi, ma perché noi siamo creature, e come tali siamo limitati.

E il Risorto comanda ai suoi apostoli di comunicare a tutti questa verità: che noi non siamo destinati a finire i nostri giorni nel buio di una tomba, ma che siamo chiamati – se lo vogliamo – a vivere per sempre nella gioia di Dio.

Riconoscere Gesù

Riconoscere Gesù

Solo vedendolo potremo capire

Maria di Magdala sta davanti al sepolcro di Gesù e piange.

Incontra addirittura Gesù, ma non è in grado di riconoscerlo finché Gesù non la chiama per nome. Allora i suoi occhi si aprono, e capisce tutto.

Noi non capiremo nulla di Gesù risorto – e quindi non capiremo nulla di noi stessi, del senso della nostra vita quaggiù e del nostro destino eterno – finché non faremo esperienza diretta di Lui.

Fare esperienza di Lui, che è amore, significa amarlo cercando – con il suo aiuto – di fare ciò che ci comanda («chi mi ama osserva i miei comandamenti», Gv14,15).

Allora capiremo che conosce il nostro nome, che si prende cura di noi e che ci ama.

Allora la nostra vita cambierà aspetto.

Se pensiamo di accostarci a Dio, e in particolare alla resurrezione di Gesù, solo con il ragionamento, faremo una delle esperienze più deludenti della nostra vita.

Uno di voi mi tradirà…

Uno di voi mi tradirà...

La Gloria del Signore sconfigge ogni tradimento

Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito».

Di quale gloria parla l’evangelista Giovanni? Gesù si trova in compagnia di persone con cui vive da anni, a cui ha mostrato, con gli insegnamenti e i miracoli, qualche raggio della sua divinità, e queste persone, nel giro di poche ore, lo abbandoneranno, uno di essi lo rinnegherà e un altro addirittura lo aveva già venduto ai sommi sacerdoti!

Gesù si appresta a subire torture, insulti e una morte dolorosa e infamante. Come si fa a parlare di gloria davanti ad un simile fallimento?

Eppure è proprio grazie a tutto questo che Gesù ha portato a termine il piano del Padre: riconciliare l’uomo con Dio, sconfiggendo per sempre il peccato e la morte e riaprendo ad ogni uomo la possibilità del Paradiso.

La gloria di Dio non si manifesta come quella degli uomini. Non è il successo umano che misura la gloria. L’uomo da gloria a Dio quando compie la sua volontà, anche se agli occhi degli uomini ne ricava un insuccesso.

Dio realizza i suoi piani, che sono piani di bene per l’uomo – piani di pace, di gioia, di felicità – in modo diverso da come li realizzerebbe l’uomo, perché i suoi pensieri non sono i nostri pensieri, e le sue vie non sono le nostre vie. Dio ci chiede di abbandonarci alla sua volontà, anche quando non capiamo tutto, anche quando obbedire a Dio ci porta alla rinuncia, al dolore.

Ma tutto questo non significa scegliere una sofferenza senza senso, perché è solo facendo la volontà di Dio che noi possiamo essere davvero felici.