La vita del funzionario, vescovo, teologo e scrittore Aurelio Ambrogio
Aurelio Ambrogio, meglio noto come Sant’Ambrogio di Milano, santo e Padre della Chiesa, nacque a Augusta Treverorum, città romana nella regione della Mosella, ovvero nella Germania sud-occidentale, nei pressi di Lussemburgo, in una data incerta tra il 339 e il 340, quando quella zona era definita Gallia belgica.
Provenne da una famiglia autorevole appartenente alla gens Aurelia. Il padre era infatti prefetto del pretorio delle Gallie. La madre, anch’ella di nobili origini, discendeva dai Simmaci, imparentata in via stretta con l’oratore Quinto Aurelio Simmaco. La sua famiglia era da tempo convertita al Cristianesimo: la sorella Marcellina e il fratello Satiro sono pure venerati come santi.
La sua vita da funzionario
Ambrogio fu avviato agli studi per abbracciare come il padre la carriera amministrativa. Frequentò gli studi del Trivium e del Quadrivium, e nonostante la morte prematura del padre, partecipò attivamente alla vita politica di Roma.
Esercitò per cinque anni l’avvocatura nell’attuale Serbia, e precisamente nella città di Sremska Mitrovica, dopodiché fu nominato governatore dell’Italia Annonaria per la regione Aemilia et Liguria con capitale Milano. In quel ruolo accrebbe notevolmente il suo prestigio per le doti diplomatiche dimostrate anche nell’ambito della disputa tra ariani e cattolici, soddisfacendo entrambe le fazioni.
Alla morte del Vescovo di Milano Aussenzio, l’equilibrio tra le due parti fu in pericolo. Ambrogio si recò in chiesa per redimere alcune animate discussioni. Il suo biografo Paolino scrisse che dal pubblico si levò la voce di un bimbo che urlò “Ambrogio Vescovo!”. A quella voce si unì tutto il popolo. Milano voleva infatti un vescovo cattolico, ma Ambrogio rifiutò. Come avveniva spesso in quel periodo, Ambrogio non aveva ancora ricevuto il Battesimo. Addusse anche il motivo di non aver mai frequentato studi di Teologia.
Dietro alle insistenti richieste Ambrogio cercò anche di macchiare la propria fama invitando delle prostitute a casa sua e ordinando la tortura ad alcuni condannati. Nonostante tutto ciò, il popolo non recedette, e per scongiurare l’ordinazione Ambrogio fuggì.
Il popolo si rivolse quindi direttamente all’Imperatore Flavio Valentiniano, anch’egli estimatore di Ambrogio. Dietro ordine dell’Imperatore, Ambrogio accettò ritenendo che ciò fosse anche il volere di Dio. Fu battezzato al Battistero di Santo Stefano alle Fonti e il 7 dicembre 374 fu ordinato Vescovo di Milano.
La sua opera da Vescovo
Uno dei suoi primi atti fu quello di donare tutti i suoi beni ai bisognosi, fatta eccezione per quanto avesse potuto servire al sostentamento della sorella Marcellina. Adottò uno stile di vita ascetico.
La sua coerenza e la sua fede furono determinanti nel 398 per la conversione di Sant’Agostino. Alle sue ispirazioni si devono i ritrovamenti dei corpi dei Santi martiri Gervasio e Protasio nel 386, che fu determinante nella disputa con gli ariani, e dei corpi dei santi patroni della nostra Parrocchia, Nazario e Celso, nel 395.
Oltre alla lotta contro l’Arianesimo, Ambrogio fu assertore del primato d’onore del Vescovo di Roma, opponendosi ad altri vescovi, come ad esempio Palladio, che lo ritenevano pari a loro.
Avversò fieramente il paganesimo ufficiale della corte romana, che persistette tra l’editto di Milano fino all’editto di Tessalonica. Arrivò anche a scontrarsi col cugino Quinto Aurelio Simmaco per opporsi al ripristino della statua e dell’altare dedicato alla dea Vittoria nella Curia Romana.
Fu precettore dell’Imperatore Graziano, al quale chiese di indire il Concilio di Costantinopoli del 381. Si oppose successivamente all’Imperatore Teodosio reo di aver ordinato un massacro, e arrivò ad escluderlo dai sacramenti. Teodosio fece ammenda e fu riammesso nella chiesa il 25 dicembre del 388.
Le sue posizioni teologiche furono convintamente orientate verso l’ortodossia della fede. Intervenne praticamente in ogni disputa teologica a difesa delle Scritture.
Ambrogio rese l’anima a Dio il 4 aprile del 397, e fu sepolto nella basilica che porta il suo nome accanto ai corpi di Gervasio e Protasio.