La Genealogia di Gesù e il numero 14

Nel Vangelo di Marco è scritto che da Adamo a Gesù intercorrono 3 volte 14 generazioni

Nella Bibbia ricorrono spesso alcuni numeri con un’insistenza che a noi occidentali pare curiosa.

Per gli Ebrei, e in particolare ai tempi di Gesù i numeri si intrecciano spesso con concetti e argomentazioni. Lo scopo è quello di esprimere meglio e dare forza ai concetti che si vogliono comunicare.

Nel Prologo del Vangelo di Matteo, quello rivolto principalmente ai Cristiani provenienti dall’Ebraismo, troviamo una delle genealogie di Gesù.

Va detto innanzitutto che nella scrittura troviamo anche un’altra genealogia del Figlio, che però teneva conto di un’eredità non generazionale ma di affinità. Un po’ come quando leggiamo la genealogia di un Vescovo, nella quale non c’è un passaggio padre-figlio in senso materiale, ma il succedere delle ordinazioni. Quella di Matteo è invece una genealogia a tutti gli effetti.

Notiamo che essa è sviluppata in tre fasi: da Adamo a Abramo, da Abramo a David e da David a Gesù.

In tutte e tre le sezioni si contano 14 generazioni. Coincidenza? No. E vediamo ora perché.

Il significato numerico

Nell’alfabeto dell’ebraico biblico le prime lettere rappresentano anche i numeri da 1 a 10, e dalla composizione di questi si sviluppano gli altri.

La combinazione di due o più numeri può quindi dare un significato letterale o addirittura comporre parole.

Nel caso del 14, che ricorre nelle genealogie scopriamo che è ricondotto al nome di David. In ebraico David si scrive “דוִד”, ed essendo l’ebraico una lingua consonantica, e quindi priva di vocali, si riduce a una radice di tre lettere, date per noi da D, V e ancora D, e per gli ebrei da Dalet (ד), Vau (וִ) e ancora Daleth (ד). Nella rappresentazione dei numeri ebraici Daleth è il 4, Vau il 6. Sommando le tre “lettere” abbiamo quindi il numero 14, che testimonia la ricorrenza del nome di David, dalla cui dinastia secondo le scritture deve nascere il Messia.

Il significato semantico

Un’ultima considerazione va fatta sul nome di David e la sua origine. Pare che questa sia non già ebraica ma addirittura assira.

In ebraico David deriva dall radice “dod”, che è un termine fanciullesco per indicare il preferito, il “cocco”. La traduzione sarebbe quindi l’amato o il diletto. In assiro invece indicava il comandante delle truppe reali. Ecco perciò che dall’unione delle due accezioni abbiamo il “diletto che comanda l’esercito del re”.

Questa breve dissertazione funge da esempio, e conferma il fascino e la profondità del Vangelo, di cui è significativa ogni singola parola. E ciò ancor di più se lo contestualizziamo nel momento storico in cui fu scritto, per scoprire la straordinaria attualità che riveste ancora oggi.

Leggere il Vangelo con attenzione, calma e concentrazione, farsi continuamente domande sui significati, è un’abitudine che noi uomini del terzo millennio, purtroppo, soffochiamo e sacrifichiamo a vantaggio di tante altre opzioni, impiegando altrove il nostro tempo.

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