La credibilità della nostra Fede

Ecco perché credere non è un salto nel buio, ma è l’affidamento a qualcosa di attendibile.

L’immagine del cristiano credulone e ingenuo nelle proprie scelte di fede è sempre stata una costante fin dalla nascita della Chiesa.

Non si tratta però solo di un errato retaggio culturale, ma dell’esposizione di una posizione relativista e limitata da uno scarso approfondimento culturale prima ancora che teologico.

Occorre innanzitutto chiedersi cosa significa “credere” e “avere fede in” anche dal punto di vista semantico. “Avere fede” vuol dire affidarsi. Noi facciamo continuamente atti di affidamento, ormai anche in modo abbastanza automatico e senza farci troppo caso.

Ci affidiamo al fruttivendolo, credendo che la merce sia fresca; diamo fiducia all’assicuratore quando firmiamo un contratto; non esitiamo in sofismi acquistando un’auto basandoci sulla pubblicità; ci abbandoniamo al parere del medico nella convinzione che sappia ciò che fa; lasciamo i nostri figli a scuola con la sicurezza che siano in buone mani. In ogni nostra azione quotidiana c’è traccia di fede, soprattutto negli aspetti per noi fondamentali. Solo per quanto riguarda l’aspetto religioso vogliamo la prova scientifica. E ciò senza pensare che anche alla scienza noi diamo fiducia al buio.

A nessuno di noi verrebbe in mente di pensare che Platone, Aristotele o Alessandro Magno siano frutto di fantasia. Solo in Gesù di Nazareth, sul quale gli storici sono concordi nel dire che ha vissuto circa duemila anni fa col nome di Yoshua ben Yosef, e sul quale esistono prove storiche e storiografiche maggiori rispetto a quelle dei personaggi sopra citati, noi non vogliamo credere neppure nell’aspetto storico.

Ora, fermo restando che Yoshua ben Yosef è esistito, cerchiamo di essere coerenti e valutiamo la sua figura.

Il problema non è quello di raggiungere una certezza matematica, ma di acquisire una “fede”, ovvero un motivo per cui sia valido il concetto di affidamento.

Dal punto di vista storico emerge che i seguaci di Gesù abbiano predicato una dottrina che prevede la pace, la mansuetudine, la solidarietà, la fratellanza, l’amore. Si tratta di concetti che anche dal punto di vista umano possono essere condivisi e che vale la pena seguire e approfondire. Si raggiunge quindi, attraverso la logica, la consapevolezza che questo messaggio è buono. E se un messaggio è buono, è anche qualcosa a cui ci si può “affidare”.

È un passaggio fondamentale che ancora non ha a che fare col pensiero religioso, ma investe l’ambito della ragione. Siamo arrivati dunque alla conclusione che il pensiero cristiano è ragionevole, e quindi coerente con la ragione.

Passiamo ora ad analizzare quanto implica il pensiero diffuso dal Vangelo in ambito religioso.

Abbiamo una serie di problemi di fondo che angosciano l’uomo fin dalla notte dei tempi. Sono gli aspetti esistenziali, ovvero i classici “chi siamo”, “dove andiamo”, perché esistiamo”.

È facile ricondurre queste domande a altrettante risposte che non possono essere liquidate in semplicistici “finisce qui”, oppure “è tutto un nulla”. Per lo meno non è intellettualmente e culturalmente coerente. Sono troppi infatti gli indizi che, anche se non sono prove definitorie, ci inducono a pensare che l’universo e il nostro mondo interiore non siano legati al caso.

La posizione attuale della scienza è quella di un ripensamento su quanto esiste nonostante sia impalpabile. I fisici stanno ipotizzando sul concreto concetto di “anima” slegato da realtà corporee. Voglio ricordare il “soma, psiche, pneuma della filosofia antica, che corrisponde a “corpo, mente, anima”.

Siamo quindi disposti a seguire un discorso se ce lo suggerisce la scienza. Sulla scienza facciamo “affidamento”. Ma la scienza stessa non fa “affidamento” su se stessa. Tanto è vero che si mette in discussione continuamente, al contrario di quanto facciamo noi che la seguiamo.

Ebbene. Fare “affidamento” su un messaggio di speranza che invita all’armonia, non è un atteggiamento ingenuo. Accettare un Creatore che non riusciamo a concepire, in sostituzione di un “meccanismo scientifico creatore” che altrettanto non riusciamo a comprendere, è forse assurdo?

Da queste considerazioni è logico, ma anche giusto dedurre che la Fede è credibile. E lo è anche se non è scienza, e forse proprio perché non è scienza.

La moderna teologia non rifiuta la scienza, anzi per ripetere le parole del Concilio Vaticano II, “gioisce dei progressi della scienze umane”. Arriva a dire che qualsiasi cosa sostenuta senza la ragione è contro Dio, perché il nostro Dio, nella sua seconda persona è Logos (parola). Ma Logos è anche pensiero, quindi concetto vero ma non palpabile. Pensiero e Parola sono cose che non si possono toccare, eppure esistono. E il pensiero a maggior ragione in quanto esiste anche se neppure lo “sentiamo” con i sensi.

Affidiamoci quindi a ciò che è buono, e “diamo voce alla speranza che è in noi”. Cos’è la Fede se non una mano tesa?

La definizione di fede è infatti: “credere nella verità e giustezza di un assunto”.

In memoria di Mons. Alessandro Sappa

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