Dalle giornate di formazione per i confratelli, tenute presso Casa Faci, Pastoral Consueling
Il perdono è al centro della preghiera: senza perdono non c’è preghiera. Gesù ci esortò ad essere in pace con i fratelli, prima di accostarci a Lui.
Perdonare, però, non è un’azione che si deve rivolgere solo agli altri: gli psicologi confermano che prima di tutto occorre perdonare e saper perdonare sé stessi.
Perdonare, come sappiamo, non significa dimenticare, ma il ricordare non deve contenere astio o motivo di rivalsa. Spesso siamo complici di noi stessi e dunque “furbetti”: cadiamo nella trappola che noi stessi tendiamo alla nostra coscienza.
Ancora gli psicologi ci vengono in aiuto per individuare quattro pericoli fondamentali:
Negazione del male
Tendiamo a minimizzare ciò che abbiamo fatto di male, creando delle tesi che ci portano a convincerci che l’azione fatta non è stata cattiva.
Giustificazione
È simile alla precedente, ma in questo caso riconosciamo l’azione cattiva cercando di spiegarla in modo da essere in qualche modo scusati.
Proiezione del male su altri o altro
Anche qui rifiutiamo di riconoscere il peccato. Anzi, cerchiamo di trasferire la colpa di ciò che è successo su altre persone o su circostanze: non siamo cattivi, ma siamo stati costretti!
Reazione violenta
Si verifica quando non siamo pronti a opporre dei motivi immediati per assolverci, e allora scatta la rabbia. Avviene anche quando ci convinciamo così a fondo di essere nel giusto che non ci spieghiamo perché non ci diano ragione.
Tutte queste circostanze e questi démoni della mente vanno eliminati per pregare in modo corretto e sincero.