In un mondo dove regna l’incoerenza, i Sacramenti testimoniano l’incarnazione tra Azione e Parola
Nel tempo di pandemia abbiamo potuto constatare l’importanza del rito. L’uomo, con l’Illuminismo, ha voluto cacciare tutto quanto non si riferisse alla Scienza. Si è però accorto di quanto sia poco prudente affidarsi completamente ad essa e divinizzandola.
Abbiamo dovuto creare miti nuovi, come ad esempio quello dei “balconi”, dei meeting online, e altre forme che ci impedissero di cadere nell’individualismo e nella solitudine. Perché in fondo l’uomo, essere sociale, teme la solitudine più di qualsiasi altra cosa. La paura stessa della morte è testimonianza di ciò, perché per i non credenti è comunque l’espressione massima della solitudine.
Rito cristiano e Sacramento
Questo porta a riflettere sul significato del rito cristiano, che raggiunge la sua espressione più piena nella celebrazione del Sacramento.
Sacrum facere. L’etimologia ci invita a comprendere il significato del Sacramento come il “fare ciò che è sacro”, che comprende l’accezione umana di “fare ciò che è giusto”.
Ecco quindi che in questa spiegazione comprendiamo perché la Storia della Salvezza sia Sacramento, e che il Cristo stesso è il Sacramento del Padre.
Il rito cristiano si differenzia dal mito, perché ha un riferimento storico. La differenza tra storia e mitologia sta proprio in questa differenza: il mito è un racconto poetico e simbolico che non possiede i requisiti di realtà. Non va però dimenticata l’importanza che ricopre e che ha significato per l’evoluzione del pensiero e della cultura. Nel mito troviamo comunque quella verità data dall’interpretazione e dalla percezione dell’uomo circa i grandi problemi esistenziali, come la ricerca dell’origine del mondo, il perché siamo qui e dove andiamo.
Nella Bibbia, infatti, non ci siriferisce all’aspetto scientifico della creazione del mondo, dell’uomo e della donna, ma piuttosto agli argomenti profondi che riguardano il rapporto tra uomo e Dio, e tra uomo e donna.
Il rito cristiano non è mito
Il rito cristiano si basa invece su un fatto storico, ovvero sull'”evento Gesù”, quelò Yoshua ben Yosef che ha realmente calcato la terra della Palestina circa 20 secoli fa.
Nella Chiesa il rito, proprio perché ricalca qualcosa di reale, richiede un equilibrio perfetto tra Parola e Azione. Se la Parola venisse assorbita dall’Azione si cadrebbe nell’esoterismo, nella magia: l’intelligenza non sarebbe coinvolta. Se al contrario l’Azione prevalesse sulla parola perderemmo il senso del concreto, cadremmo nel platonismo, nell’idealismo e addirittura nella superficialità.
Il primo caso corrisponde anche all’impostazione assunta dai fratelli Protestanti, i quali si sbilanciano a favore della Parola, rendendo nullo l’apporto che l’uomo può dare con le sue scelte in funzione del proprio libero arbitrio. Viene sottovalutata la costante ricerca di collaborazione che Dio ha sempre voluto promuovere con l’uomo, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento.
Il secondo caso comprende invece il crescente secolarismo, che sfocia in un’approssimazione di fondo, nel relativismo (condannato da Ratzinger e Bergoglio) e nella superficialità che va a vanificare il ricordo.
Incarnazione che è armonia
Parola e gesto nel rito, esplicato nel Sacramento, corrispondono tra loro come un’incarnazione. E l’Incarnazione di Cristo sta a sottolineare che non vi furono in Lui parole o gesti vuoti.
Tutto ciò non può che condurci alla relazione conseguente che è quella tra Coerenza e Ragione. Nel sacrum facere troviamo quindi la perfezione che come uomo fu esclusiva di Gesù Cristo: un’armonia e un’equilibrio che la Liturgia dei Sacramenti sperimenta nel rito.