Un approccio superficiale e formalista alla Liturgia la sminuisce in termini di efficacia e forza
«Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro».
Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?».
(Dalla liturgia).
I gesti rituali, le azioni di culto, non ci rendono migliori, quando non sono legati ad una vita buona, quando non sono l’espressione di un cuore puro, di un’intenzione retta. Pensare che ci sia qualcosa nella natura che automaticamente, senza il nostro impegno personale e il contributo della nostra ragione e della nostra volontà, possa renderci migliori o peggiori è un’idea pagana, è pura superstizione.
È il nostro cuore, cioè l’intenzione con cui noi facciamo o non facciamo qualcosa, che rende buono o cattivo il nostro agire, e di conseguenza rende buoni o cattivi noi.
Pregare, partecipare alla Messa, ricevere i sacramenti senza un reale desiderio di essere in comunione con Dio e di vivere come piace a Lui è qualcosa di inutile, che ci illude di fare qualcosa di buono per noi e per la nostra salvezza e che invece ci mantiene pericolosamente sulla via della perdizione.