«Figlio dell’uomo», un titolo significativo

Gesù si definisce così, parlando in terza persona

L’appellativo «Figlio dell’uomo» viene assunto da Gesù, e lo troviamo solo nei Vangeli, anche se in quello di Giovanni si colora di sfumature diverse.

Ma cosa significa «Figlio dell’uomo»? Si tratta di un modo di esprimere la natura umana del Cristo? Anche! Ma la risposta non è così semplicistica.

In diverse apocalissi ebraiche, anche nel Libro di Daniele, e nella letteratura enochiana, si riferisce a un personaggio ancora misterioso che sarà inviato da Dio nell’ultimo giorno con una funzione di giudice.

I Vangeli ci indicano però che Gesù svolga questa funzione già in questo mondo (Mc 2,10).

La funzione del giudice eterno risulta dunque in una prospettiva di sofferenza superata.

L’indicazione data da Gesù è comunque chiara in riferimento a sé stesso: risulta infatti una perifrasi che sostituisce il pronome “IO” (Mt 5,11: «… per causa mia …», Lc 6,22: «… a causa del Figlio dell’uomo».

Vediamo ora di mettere a confronto l’interpretazione ebraica e quella cattolica:

Secondo l’esegesi ebraico messianica, si riprende Isaia (Is 53,10) da cui si dedurrebbe che «Figlio dell’uomo» è uno dei nomi col quale il Messia stesso si chiama, per far comprendere a tutti la sua incarnazione in un corpo umano ed espiare così i peccati dell’uomo. In questo caso l’appellativo viene inteso come “stirpe dell’uomo” (Adam), per definire il genere umano: con la resurrezione dai morti si vince definitivamente la morte (Sal 16,8-10).

Per noi cattolici il titolo in questione ci chiama ad andare un po’ più in profondità. Nel definirsi «Figlio dell’uomo», Gesù si pone come giudice aggiungendo al parametro distributivo e compensativo, anche il dono gratuito della propria vita. Solo questo può rendere possibile la vita eterna in paradiso. Dio ha scelto di riparare i danni del peccato originale, offesa a Dio, una compensazione gratuita del sacrificio di un uomo che è anche Dio. Il Cristo, come Dio non può soffrire né morire, ma come uomo si!

È la sublimazione della kenosis (discesa), in cui Dio si spoglia. Ma siccome ogni kenosis di Gesù precede un’elevazione, abbiamo l’ascesa al Cielo del Cristo risorto.

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