Gesù disse : “Fate ciò che dicono, ma non fate ciò che fanno”.
Nel parlare ai farisei della sua epoca, Gesù intendeva rivolgersi a tutti gli uomini.
Sappiamo chi erano i farisei: gente molto osservante, austera scrupolosa, che era certa di fare nulla di male e contro le Scritture.
Purtroppo questo atteggiamento è comune anche ai nostri giorni, con cristiani che dicono: «Io non rubo, non uccido, quindi sono un a brava persona e non ho bisogno della Chiesa».
Questo è un modo di pensare che addirittura è peggiore di quello dei farisei, che almeno osservavano i precetti. Si crea dunque una sorta di moderno fariseismo, che rifiuta anche la forma, oltre che la sostanza, lasciando viva solo l’apparenza.
Ma nelle parole di Gesù ci sono significati ancora più profondi che accusano l’ipocrisia.
I farisei erano duri con i peccatori, non tolleravano alcuna mancanza, ed erano molto propensi (forti della convinzione di essere buoni) che non vedevano neppure «la trave» nei loro stessi occhi.
Siamo così anche noi quando confondiamo la misericordia con la condanna del peccato.
La realtà cristiana prevede che il peccato sia sempre condannato, ma occorre essere misericordiosi col peccatore. Gesù ha infatti detto chiaramente che non spetta a noi separare la zizzania dal grano. Non usando misericordia nei confronti dei peccatori noi compiamo il peccato più grande: metterci al posto di Dio Giudice, ripetendo il peccato originale.
Non spetta a noi giudicare per non essere a nostra volta giudicati. Saremo giudicati col nostro metro: siamo noi stessi a chiederlo a Dio tutte le volte che recitiamo il Padre Nostro («… rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori …»).
Le regole vanno osservate: i Sacramenti si ricevono in stato di grazia. Ma il giudizio sul peccatore spetta solo a Dio.
Ecco perché Gesù avvisa spesso i farisei e noi allo stesso tempo: non siate sepolcri imbiancati e usate misericordia.