Il suggello al compimento dell’Antico Testamento in Cristo
«Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo».
(Dalla liturgia)
La Visitazione di Maria Vergine a sant’Elisabetta è molto di più di un gesto di buona creanza, di un gesto che porta un aiuto materiale. Questa visita simboleggia con grande semplicità l’incontro tra il Vecchio e il Nuovo Testamento.
Le due donne, entrambe incinte, rappresentano infatti l’attesa e l’Atteso. L’anziana Elisabetta simboleggia Israele che attende il Messia, mentre la giovane Maria porta in sé l’adempimento di tale attesa, a vantaggio di tutta l’umanità.
Nelle due donne si incontrano innanzitutto i frutti del loro grembi: Giovanni e il Cristo. L’esultanza di Giovanni nel grembo di Elisabetta è il segno del compimento dell’attesa: Giovanni esprime la sua gioia perché Dio è davvero venuto a visitare il suo popolo, non l’ha abbandonato alla schiavitù della morte. Nell’Annunciazione alla Vergine Maria l’angelo Gabriele aveva annunciato a Maria la gravidanza di Elisabetta, sterile e anziana, come segno dell’onnipotenza di Dio. La sterilità e l’età avanzata si erano trasformate in fertilità.
Elisabetta, accogliendo Maria, riconosce che si sta realizzando la promessa fatta da Dio all’umanità, ed esclama: «Benedetta sei tu tra le donne e benedetto è il frutto del tuo grembo». Benedetta tu tra le donne è un’espressione che ci riporta a Giaele e a Giuditta, due donne dell’Antico Testamento, due donne guerriere che avevano combattuto per liberare il loro popolo dalla schiavitù. Adesso questa espressione è rivolta a Maria: Maria è una donna pacifica, ma anch’ella sta liberando il suo popolo e l’intera umanità da una schiavitù ancora più pesante: quella del peccato e della morte.
Giovanni Battista esulta nel seno della anziana madre. I Padri della Chiesa hanno visto in questo sussultare di Giovanni nel grembo di Elisabetta un riferimento alla danza che il Re Davide aveva fatto davanti all’Arca dell’Alleanza quando questa stava per entrare a Gerusalemme. L’arca dell’alleanza era un contenitore, una grossa scatola, in cui erano contenuti gli oggetti che ricordavano l’attenzione di Dio per il suo popolo: le Tavole della Legge, un po’ della manna raccolta nel deserto, e il bastone di Aronne.
Giovanni danza davanti a Maria, che è la vera, definitiva Arca dell’Alleanza: nel suo grembo non sono contenute cose che ricordano l’amore di Dio, ma è contenuto il Figlio di Dio.
La festa della Visitazione ci ricorda anzitutto questo: che il Signore viene a visitarci perché si prende cura di noi. E si prende cura di noi perché ci ama. La venuta di Cristo realizza non solo l’attesa dell’antico popolo di Israele, ma realizza anche l’attesa che ciascuno di noi ha nel suo cuore, il desiderio di una vita piena, gioiosa. Il desiderio che la nostra umanità sia pienamente realizzata. Il desiderio di una vita che vada oltre la morte. Tutto questo è venuto a realizzare Gesù nella sua venuta tra noi.
La festa di oggi ci riempie di speranza, proprio perché ci fa capire che il Signore non ci abbandona al male, e che la nostra vita non è un susseguirsi di eventi casuali, ma è lo svilupparsi di un progetto di amore. Maria è colei che è stata scelta per realizzare tutto questo.
Affidiamo a Maria i bisogni e le necessità della nostra vita: come si è presa cura dei bisogni della cugina Elisabetta così saprà prendersi cura delle necessità della nostra anima.