La vera funzione del Profeta
Nella convinzione più diffusa prevale l’idea che un profeta sia colui che è in grado di predire il futuro.
In realtà, nell’ambito religioso ebraico e cristiano, il termine si riferisce ad una persona, scelta da Dio, che ascolta la Parola del Padre.
In ebraico il verbo שְׁמַע (shemà=ascoltare) è costitutivo dell’identità di Israele, e permette la relazione con Dio, la quale non si esaurisce con la domanda del fedele. Un esempio significativo nel Nuovo Testamento è San Francesco, il quale seppe ricondurre al Vangelo.
Ecco quindi che avviciniamo un nuovo verbo ebraico importante, ovvero שוב (shub=ritornare), da cui apprendiamo che il profeta è colui che riconduce a Dio.
La voce del profeta diviene più incisiva nei periodi bui del popolo di Dio, e si manifesta quando emergono tre tipologie di situazione, che corrispondono a altrettanti riduzionismi:
- L’ascolto si riduce ad un apparato rituale, per esempio quando la Liturgia diviene solo formalismo perdendo il suo significato vero (Farisei).
- Chi governa soffoca la vita umana riducendola ad un’ideologia (servilismo del potere).
- La voce di Dio è soffocata dal formalismo, perché alla dottrina deve seguire l’amore.
Occorre tenere presente tutte queste cose quando ci si riferisce ai “falsi profeti”. Queste figure sono in effetti coloro che tentano di sviare il progetto di Dio e cercano di allontanare il popolo dal Padre, anche attraverso distrazioni a favore della forma sminuendo la sostanza.
Il cattolico deve tendere a Dio attraverso l’insegnamento di Gesù che privilegiò il messaggio alla forma. Di quest’ultima va conservato solo quanto il Signore ha compiuto in gesti, opere e parole. Affidarsi al Magistero è l’unico modo che abbiamo per seguire correttamente il volere di Dio.