L’angolo del monaco: “Non avete ancora fede?”

Tratto dalla pagina Facebook del Monastero di Finalpia

20 Giugno 2021

La frase di questa domenica è: “Non avete ancora fede?”

Sembra facile, ma non lo è. Gli uomini si riempiono la bocca di parole, alcune delle quali sono frutto di esperienze, queste parole hanno i loro segni sulla pelle dell’uomo stesso. E queste parole sono inequivocabili e universalmente comprensibili.
Poi ci sono quelle parole che tutti usano e di cui solo pochissimi, forse, ne hanno un segno, ma la rarità fa apparire tali uomini come statisticamente poco credibili.
Una delle parole, o forse la parola più difficile da comprendere è “fede”. Che cosa vuol dire? San Tommaso d’Aquino sosteneva che essa è la disposizione ad accogliere come vere le informazioni di cui non si ha una conoscenza diretta.
Ma anche essere leali, mantenere la parola data; essa nel Buddismo, per esempio, assomiglia, per certi versi, all’illuminazione.
E ancora, è illuminante la lezione di Sant’Agostino il quale sosteneva che tutte le nostre conoscenze si fondano sulla fede. Infatti solo dopo averle credute come ammissibili esercitiamo su di esse l’attività critica e riflessiva del nostro intelletto (credo ut intelligam) e a sua volta il comprendere aiuta ad interiorizzare, a far proprio ciò che prima avevamo accolto ciecamente con un semplice atto di fede (intelligo ut credam).
Quindi, alla base di ogni nostro pensiero e di ogni nostra azione c’è il processo di fede, che ci aiuta in quella zona spaziotemporale nella quale non abbiamo la certezza della scienza o la certezza di una fede profonda.
Quando Gesù rimprovera i suoi discepoli di non aver “ancora” fede, li accusa di non applicare alle azioni quotidiane quell’idea che, per alcuni, sembra solo fatalistica, ma che per molti è il motore della nostra esistenza.
Anche nell’episodio della pesca miracolosa essi mettono in dubbio la loro fede, vista l’esperienza che avevano fatto. Così ritroviamo lo stesso rimprovero anche nell’Ultima Cena.
Insomma Gesù cerca di educare alla fede i suoi amici che, nella loro ignoranza di uomini del volgo, non sanno cosa rispondere alle “provocazioni” in avanti di quel Rabbi che cerca di dimostrare come la logica della Torah debba essere ribaltata.
Si deve perdonare fino a settanta volte sette, non più occhio per occhio, pregare per i nemici, gli ultimi saranno i primi, sono queste alcune delle “provocazioni” che i discepoli non comprendono, ma sulle quali si basa la nuova dottrina che il Figlio dell’Uomo è venuto ad insegnare agli uomini di buona volontà.
E c’è un passo che ci spiazza tutti quanti, quando Gesù dice “Ma il Figlio dell’Uomo quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. È la grande paura di Gesù.
La fede è un movimento totale con il quale l’uomo si consegna al Dio dell’alleanza, appunto, anche contro ogni evidenza, azione che spinge Gesù a essere fedele e a mantenere le sue promesse.
Abramo, chiamato il “Padre dei credenti” ne è il capostipite.
Kierkegaard ci descrive molto bene il movimento con il quale l’uomo sta responsabilmente davanti a Dio.
Così come l’episodio di Giobbe ci dice che la fede deve essere mantenuta contro ogni evidenza perché solo in questo modo si possono vincere le seduzioni del maligno. Infatti ad Auschwitz chi ha vinto sono stati coloro che hanno mantenuto la loro fede, la lucidità della loro sorte contro la barbarie dell’uomo accecato dalla sete di violenza.
Anche oggi, nei diversi teatri di guerra, in Africa, in Medio Oriente, in Asia troviamo resistenti che non si piegano alle violenze del potere.
Pensiamo anche a Martin Luther King e a Gandhi e alla loro lotta di liberazione basandosi solo sulla non violenza.
È da deboli usare la violenza perché vuol dire che la propria fede non è creduta così forte e che quindi c’è bisogno di un supporto di violenza per portare a compimento i nostri disegni.
Per questo oggi da più parti, all’interno della Chiesa, si alza il grido di combattere contro il potere del denaro, contro la sopraffazione della logica del tutto e subito.
La Chiesa non deve aver paura di aprirsi all’altro, di perdere il suo potere temporale o i suoi tesori perché Gesù vuole azzerare tutto il ciarpame che non può essere portato con noi nell’altra vita, non vuole adottare l’uguaglianza valore/tesori, ma vuole che il credente si doti di quei beni che invece costituiscono il segno della fede.
Vince chi soffre per la pesantezza della sua umanità, ma è leggero grazie alla forza della sua spiritualità. Chi cade nel fango del peccato e si rialza è meno sporco di colui che invece si ammanta di abiti lussuosi e che usa passerelle per non farsi sporcare dal fango del prossimo.
Il mio invito oggi è quello di avere fede, soprattutto nelle tempeste della vita, nelle cadute dentro ai nostri peccati abituali, perché maggiore è la gioia quando riusciamo a rialzarci.
Avere la fede di chi sta seduto nei primi banchi e non si gira indietro a guardare la sozzura del mondo ed è poco propenso a sporcarsi le mani, beh quelli Gesù dice che sono come il fariseo che guardava con superiorità il pubblicano.
Il penitente fedele è colui che anche se si abbassa si erge come il più alto dei monti, se anche si impoverisce acquista maggior ricchezza di Creso. Chiediamo alla Madonna di Pia la ricchezza del cuore, che quella del conto in banca è inutile.

Monastero di Finalpia

Nella foto l’interno della Cappella

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