La Transustanziazione di beni lavorati dall’uomo
L’uomo è sempre stato chiamato dal Padre alla collaborazione con Lui, fin dal momento della Creazione.
Più volte le Scritture hanno ribadito e richiamato questa realtà, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. In quest’ultimo Gesù ha dato prova di ciò anche durante i molti miracoli da Lui compiuti. Trasformando acqua in vino non avrebbe certo avuto bisogno che gli fossero portate le anfore. Oppure per resuscitare Lazzaro non avrebbe avuto certo bisogno che rimuovessero la pietra.
Così anche nell’aspetto sacramentale della Santa Eucarestia, possiamo trovare questa chiamata.
Il pane e il vino, destinati a divenire corpo e sangue di Nostro Signore, sono in realtà, anche se oggi in modo indiretto, donati dal popolo di Dio.
Il Concilio Vaticano II ha voluto sottolineare questo aspetto attraverso la processione offertoriale.
Ma perché il pane è stato scelto da Gesù per divenire il proprio corpo? E perché il vino? Nella preghiera eucaristica si ricorda che essi sono dei “frutti della fatica e del lavoro dell’uomo“. Sono infatti due beni, ovvero due alimenti, che non si trovano già pronti in natura, ma che l’uomo deve ottenere col lavoro.
Ma c’è ancora un aspetto ancora più incisivo. Sia il pane che il vino sono ottenuti attraverso un’unione creata da una distruzione. Chicchi di grano e acini di uva, vengono “sacrificati”, tritati, macerati. E il risultato di queste azioni li porteranno a essere un cibo nuovo.
Anche la Salvezza arriva da Cristo e solo da Lui, attraverso il suo sacrificio. E la nostra partecipazione viene simboleggiata dall’offerta di ciò che diverrà corpo e sangue di Nostro Signore. Noi siamo quella goccia d’acqua che il sacerdote inserisce nel calice.
Il significato della partecipazione viene mantenuto dalla colletta svolta prima della Liturgia Eucaristica. Non deve essere interpretata come “la Chiesa che chiede soldi”, ma nell’ottica della nostra partecipazione all’offerta del pane e del vino.
Nel momento della Transustanziazione noi siamo tutti uniti nel sacrificio di Cristo che si rinnova. Anzi, che si attualizza davanti a noi.
Dio non ha tempo, e il suo sacrificio avviene ogni volta che pane e vino si trasformano.
La condizione affinché noi stessi si partecipi al sacrificio è l’essere docili come il pane e il vino. Occorre lasciarsi trasformare da Cristo. Docili come docile è stata Maria nell’accogliere il Corpo di Cristo in sé. Lei in modo diverso dal nostro, ma pur sempre conservando Dio in sé.
Testo di riferimento: Liturgia, Matia Augé, Edizioni SanPaolo, 8.a edizione 2014.
Si ringrazia il prof. Don Matteo Firpo, docente di Teologia Liturgica alla facoltà di Scienze Religiose (FTIS-ISSR).