I recenti ritrovamenti confermano i testi del Vangelo
Non potendo contestare i riscontri storici dell’esistenza storica di Gesù, molti detrattori della veridicità del Vangelo insistevano sul fatto che non fosse mai esistito ai tempi del Salvatore un villaggio in Palestina chiamato Nazareth.
Con i recenti ritrovamenti archeologici anche questa ultima velleità è stata azzerata senza alcuna ombra di contestazione.
Scavi archeologici svolti in loco, non solo hanno confermato l’esistenza di Nazareth a cavallo tra i secoli attorno all’anno zero, ma hanno anche rilevato la presenza di una folta comunità ebraica. Le risultanze relative a oggetti, resti e reperti hanno permesso inoltre agli archeologi e agli storici di determinare le tendenze ideologiche della popolazione residente.
Sono state ad esempio ritrovate le tombe di tipo kokhim. Si tratta di sepolcri intagliati nella roccia. Questi edifici funebri erano ovviamente chiusi su tre lati e sigillati in ingresso da una grande pietra rotolante, esattamente come venne descritto il sepolcro di Gesù a Gerusalemme.
Una popolazione fiera e tradizionalista
Gli abitanti di Nazareth erano molto ortodossi nell’osservanza della fede ebraica tradizionale e si distinsero per aver rifiutato costantemente l’influenza romana, almeno fino al 70 d.C.
In occasione della grande offensiva romana che portò alla distruzione del Tempio di Gerusalemme, contrariamente agli altri paesi limitrofi, Nazareth resistette tenacemente. Sono stati ritrovati infatti rifugi e nascondigli scavati nella roccia. Venivano usati dai residenti al fine di proteggersi per non arrendersi ai Romani.
Negli scavi infatti, non sono state rinvenute neppure monete romane, segno evidente che il commercio pacifico con l’invasore non venne praticato a Nazareth, come invece avvenne altrove.
Questi fatti porterebbero a ritenere plausibile il rifiuto che Gesù riscontrò nel villaggio della residenza, evidenziato col famoso “Nemo profeta in patria”.
Un’altra prova della stretta ortodossia praticata dai cittadini di Nazareth è data da alcuni confronti con le usanze rilevate dai resti del vicino villaggio di Sèpphoris (in Italiano Zippori, ma conosciuta in epoca romana come Diocaesarea). In questo paesello il letame organico veniva utilizzato per concimare, azione proibita agli ebrei osservanti. A Nazareth invece ciò non avveniva.
Ancora in Sèpphoris, come in altri villaggi del tempo, sono stati ritrovati resti di ceramica di fattura romana. In Nazareth tutti i ritrovamenti sono relativi a ceramica locale, segno della fiera opposizione al dominio straniero.
A quanto risulta Nazareth avrebbe avuto dimensioni ben maggiori di quanto ritenevano gli storici che ne hanno sempre sostenuto l’esistenza.
Le pubblicazioni e i nuovi studi
Gli studi sono stati approfonditi dal prof. Ken Dark, direttore del Nazareth Archaeological Project, e svolti in collaborazione con l’University of Reading.
Ulteriori riscontri si possono trovare sul libro “Roman-period and Byzantine Nazareth and its hinterland“, Palestine Exploration Fund Annual, 15. Routledge, London and New York 2020.
Ora lo studioso è impegnato ad approfondire le rilevanze emerse dalla scoperta di una casa che potrebbe essere quella in cui abitò la Sacra Famiglia, o per lo meno quella ritenuta tale in epoca bizantina.
Questo studio è reso noto nella pubblicazione “The Sisters of Nazareth Convent: A Roman-Period, Byzantine and Crusader Site in Central Nazareth“.