La Chiesa dei SS. Nazario e Celso

La storia di Mendatica si intreccia con la sua devozione nella riedificazione del 1760

I contrasti filosofici, politici ed economici del 1700, secolo dallo slancio spirituale e dalla spinta razionalistica, dall’attenzione alla natura e dall’interesse per il progresso tecnologico, hanno coinvolto i centri rurali, fortemente radicati nel substrato culturale di appartenenza, in modo tardivo e stemperato.

In campagna si vive un momento di speranza, per l’aumento della produzione agricola, capace di soddisfare appieno, seppure con fatica, il fabbisogno umano e allevatoriale. Patate,  mais e altre essenze eduli, importate da oltreoceano stanno limitando il ripetersi di carestie, solitamente accompagnate da virulenze perniciose. Migliora la qualità della vita, si registra un consistente incremento demografico, si intensifica l’attività edilizia privata e la realizzazione di opere pubbliche a servizio della collettività.

A Mendatica, paese dalla profonda e viva fede, dalla instancabile e strenua operosità, il 17 agosto 1760, si riunisce il Generale Parlamento della Comunità, su invito del parroco don Giuseppe Maria Gastaldi, per deliberare sull’opportunità di riedificare la chiesa dei SS.  Nazario e Celso, risultando la parrocchiale tardomedievale poco capiente per una popolazione in costante crescita. Il responso pressoché unanime, un solo voto contrario, risulta favorevole alla ricostruzione dell’edificio religioso, anche per adeguarlo alle indicazioni della Controriforma. Dispone altresì il mantenimento della torre campanaria, per la scansione del tempo, il richiamo alle funzioni e per la segnalazione di pericoli e di necessità.

I domini loci assicurano il compenso alle maestraenze qualificate, l’acquisto di chiavi di volta dalle fonderie di Finale Ligure e di quanto occorre acquisire all’esterno. La popolazione mette a disposizione le molteplici competenze e  collabora nel reimpiego del materiale esistente e nel reperimento di quello di estrazione zonale.     

Il progetto è affidato all’architetto Domenico Belmonte di Chiusanico, interprete  collaudato del barocco ponentino, come testimoniato dall’ importante cappella di santa Maria degli Angeli di Sanremo.

La chiesa riedificata nella sede della precedente, vede l’orientamento modificato: il presbiterio non appare più rischiarato dalla luce dell’alba, ma dai raggi del tramonto, per accompagnare la funzione vespertina, come previsto dalla rinnovata liturgia.

L’esterno, dall’andamento curvilineo, mantiene la pietra a vista, senza decori in facciata, forse per trovare armonia e continuità con il campanile romanico, che esprime forza e solidità nelle pietre possenti e squadrate, leggerezza e raffinatezza nelle bifore contornate da archetti pensili. La sommità della torre viene trasformata con l’inserimento di cuspide ottagonale e archetti nel coronato.

L’interno si compone di ampio atrio rettangolare, aula quadrata con angoli arrotondati, spazioso presbiterio con importante altare al centro e semicircolare coro ligneo in fondo.

Superata la balaustra absidale, alla base dei gradini l’aula assembleare si apre a guisa di braccia spalancate per accogliere, proteggere e guidare i fedeli nel cammino di formazioine e crescita spirituale.

E’ articolata da quattro cappelle angolari e due centrali più ampie e profonde , ben incastonate nello spessore delle strutture murarie perimetrali. 

Ogni cappella propone la riflessione su un tema, introdotto da un versetto biblico, illustrato nel quadro centrale e sottolineato dalla scelta delle statue di gesso e dal bassorilievo accanto al tabernacolo, per formare un unicum organico e completo.

La cura di  ogni cappella è generalmente affidata ad una confraternita, da quando il Concilio di Trento ne riconosce l’esclusiva finalità religiosa e ne vieta una sede diversa da quella parrocchiale, controllata e guidata dal  clero.

La prima cappella a destra dell’altare maggiore, dedicata alla SS. Trinità è riservata alla Confraria del Santo Spirito; la centrale della Madonna del Rosario viene curata dalla Confraternita del Rosario, la più numerosa nel secolo scorso; l’altare del Carmelo, con la Vergine e le Sante, è custodita dalla Compagna del Carmine.

Sul lato opposto, vicino al presbiterio, la cappella dei defunti, con la Madonna Coredentrice, curata dalla Compagnia delle anime; al centro l’Immacolata Concezione, della confraternita dell’Annunziata, il cui oratorio precedente era la cappella della Madonna dei Colombi; in ultimo l’altare della Madonna dei Dolori, ai lati del quale si aprono gli accessi all’organo settecentesco e al campanile.

Ogni quadro assembleare narra una relazione di sguardi tra  terra e cielo, per rimarcare la comunione dei santi, propria dei cristiani: i fedeli ritratti rivolgono gli occhi pieni di fede e e di speranza in alto, i loro sguardi intercettati dai santi intermediari vengono indirizzati alla Santissima Trinità o alla Madonna. La lode e la supplica sono catturate dal viso abbassato della Divinità che avvolge l’uomo con un’espressione di tenerezza e misericordia.

Nella volta sovrastante, a corona dell’affresco centrale riproducente il Salvatore circondato dagli angeli, quattro pannelli raffigurano la presentazione del fanciullo Celso a Nazario, lo sbarco e l’opera, il martirio e la glorificazione dei santi patroni “In exultazione iustorum multa gloria”. 

Gli elementi decorativi, avvicinando la cupola,  spingono gli animi all’elevazione, al distacco dalle cose terrene, alla tensione verso il Cielo.

Procedendo dal basso l’analogia diventa simmetria, la statica sobrietà si trasforma in armonioso movimento, la luce permea stucchi, decori e indorature. Le lesene che separano gli altari laterali mostrano i capitelli lucenti di oro zecchino, come gli sfondali.

Lo spazio ancora frammentato viene unificato dalla ricca trabeazione e dallo spazioso cornicione, che lega tutto l’interno e sorregge la cupola dell’aula e la volta a vela del presbiterio.

Al di sopra sembra regnare la perfezione, preparata da Abramo, il più fedele protagonista della volontà del Padre Eterno, ritratto nei due affreschi laterali all’altare maggiore.

La volta bipartita del presbiterio, sullo sfondo del coro, valorizza la tela ad olio dei santi Nazario e Celso e l’epigrafe di intitolazione della chiesa ai due evangelizzatori, con una ghirlanda di fiori su sfondo azzurro-cielo, per completarsi, attraverso il colmo absidale, con la lucente rappresentazione della SS. Trinità, senso e fine ultimo dell’esistere.  

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