Come post inaugurale nel blog del neo-nato sito della Parrocchia, ci sembra giusto dedicare una particolare attenzione ai Santi titolari della nostra chiesa parrocchiale.
Nazario e Celso vissero nel I secolo e furono martirizzati. Figurano nel Martirologio romano con l’inscrizione: “A Milano, santi Nazario e Celso, martiri, i cui corpi furono rinvenuti da sant’Ambrogio”.
Il biografo di Sant’Ambrogio, Paolino, riferisce infatti che il Vescovo di Milano (340-397), fu guidato per ispirazione verso un orto fuori città, in cui erano sepolti due martiri. Erano proprio Nazario e Celso.
Il corpo di Nazario era intatto e fu trasportato in una chiesa davanti a Porta Romana, dove fu edificata a suo nome una basilica. Sulle ossa di Celso sorse un’altra basilica.
L’emblema associato ai due martiri cristiani è la palma.
Il nome Nazario ha origine ebraica e significa “consacrato a Dio”. Celso invece vuol dire “elevato”, “eccelso”, alto.
Nazario era un cittadino romano. La madre era una donna molto pia, che si chiamava perpetua ed era nel numero dei seguaci di San Pietro. Nazario fu infatti battezzato da Lino, quando non era ancora Papa.
In seguito alle persecuzioni di Nerone, Nazario abbandonò Roma per dedicarsi alla predicazione. Si diresse verso nord e si recò in Lombardia. Informato della loro presenza il Prefetto lo fece arrestare e condannò Nazario alla frusta e all’esilio. Fu allora che il predicatore si diresse verso la Gallia.
Incontrata una ricca matrona nell’attuale Francia gli fu presentato il figlio di lei, un giovinetto di nove anni che la madre intendeva avviare alla religione cristiana. Nazario battezzò il ragazzo col nome di Celso e lo accolse per proseguire insieme a lui la sua opera missionaria.
Furono incatenati a Treviri, ma poi rilasciati per l’intervento della moglie del Prefetto romano del luogo, la quale fu turbata da un sogno.
L’evangelizzazione proposta dai due santi fu molto proficua, nonostante i continui pericoli e l’attiva persecuzione attuata dall’impero di Nerone provvidero a battezzare numerosissimi catecumeni. Nuovamente catturati furono tradotti a Roma per ordine di Nerone. Nella città eterna l’imperatore fece trasportare Nazario nel tempio di Giove per sacrificarlo. La leggenda narra che tutti gli idoli si infransero e Nazario fu rivestito di luce. Avvertito del fatto Nerone condannò sia Nazario che Celso all’annegamento in mare.
Furono imbarcati a Civitavecchia ma una volta preso il largo e gettati in mare si scatenò una tempesta che investì la nave romana. I marinai impauriti e convinti che la bufera si fosse scatenata per l’ignominia del martirio dei due condannati, li reimbarcarono e la tempesta cessò.
Impauriti dal pensiero di tornare a Roma dopo aver disatteso gli ordini dell’Imperatore, i marinai spiegarono le vele verso nord e sbarcarono a Genova, città ancora libera e alleata con l’Impero. Nazario e Celso individuarono una comunità nelle colline di Albaro e da lì iniziarono la loro evangelizzazione in questa terra. Albaro ha quindi il primato di aver visto le celebrazioni delle prime Sante Messe in tutta trasparenza e libertà.
Compiuto il loro apostolato a Genova, Nazario e Celso si prodigarono nel diffondere la Parola in tutta l’Italia Nord-Occidentale, e la tradizione narra che passarono anche da Mendatica. Giunti a Milano i santi trovarono in catene i fratelli Gervasio e Protasio. Nazario e Celso li confortarono nell’attesa del martiro.
A quel tempo nella città lombarda gestiva il potere in nome di Nerone il crudele Antolino, che venuto a conoscenza delle esortazioni nei confronti di Gervasio e Protasio, condannò Nazario e Celso alla decapitazione. L’infame esecuzione avvenne nella località “le muraglie” nel 76. I loro corpi furono sepolti nelle vicinanze del luogo del martirio, e lì rimasero fino alla riesumazione voluta da Ambrogio circa 300 anni più tardi.